martes, 29 de marzo de 2011

Gesù guarisce un cieco dalla nascita

La gloria di Dio
illumina la Gerusalemme celeste
e la sua lampada
è l'Agnello
(Gv 21, 23)

[1]Passando vide un uomo cieco dalla nascita [2]e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». [3]Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. [4]Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. [5]Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo». [6]Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco[7]e gli disse: «Và a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.[8]Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: «Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». [9]Alcuni dicevano: «E' lui»; altri dicevano: «No, ma gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». [10]Allora gli chiesero: «Come dunque ti furono aperti gli occhi?». [11]Egli rispose: «Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Và a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista». [12]Gli dissero: «Dov'è questo tale?». Rispose: «Non lo so».

Gesù guarisce un cieco dalla nascita. Quel che viveva al buio, dopo l'incontro col Cristo, vede la luce. L'intero brano si svolge nella simbologia dualistica luce-tenebre, ma è la luce, incarnata in Cristo, quella che vince, non soltanto simbolicamente, ma nel piano soprannaturale.

Come si spiega questa simbologia? La chiave di interpretazione di questo brano -non solo, ma anche di tutta la Sacra Scrittura- è concepire il Cristo come Figlio di Dio, e per questo luce divina e soprannaturale. Cristo crocifisso, Figlio di Dio perché generato nell’eternità, Figlio dell’uomo perché concepito verginalmente nel tempo, innalzato nella croce, è la Luce divina proveniente dal Padre che illumina sia il mondo degli uomini che degli spiriti beati[1]. Cristo è l’Agnello di Dio, che è la Lampada della Gerusalemme celeste (cfr. Ap 21, 23); è la Luce divina che dall’intimo del seno del Padre sparge i suoi raggi fino alle nostre anime attraversando l’umanità di Gesù nel Calvario; è la Luce della croce che irraggia i raggi divini che escono dalle piaghe della sua Umanità inchiodata nella croce; è la luce che scaturisce dall’altare della croce e dalla croce dell’altare, l’Eucaristia.

Cristo è luce, ma non è questa luce naturale, la luce del sole: il sole materiale e la sua luce sono solo una lontana immagine di Cristo, Luce da Luce. Lui è il Sole di giustizia, il sole vero, ed i raggi di questo Sole Divino –la grazia- ci raggiungono mediante i sacramenti, perciò la liturgia è luce divina e l’Eucaristia è lo stesso Sole Divino.

Noi non abbiamo visto coi nostri occhi né il Sole Divino né la sua luce, né gli possiamo vedere, perché è un mistero irraggiungibile per l’uomo. Perciò, per avere qualche idea riguardo al Cristo e alla sua luce, noi possiamo soltanto fare una comparazione, prendendo come esempio il sole materiale e la sua luce, figura della luce divina, anche di natura ben diversa.

La luce naturale è una immagine della luce divina, ma anche se è solo una immagine, è ancora –sia quella del sole, che l’elettrica-, tra tutte le cose percepite dai nostri sensi, la cosa più bella, più pura, più sublime. La luce materiale è inanzittutto un mistero, perché pur essendo studiata da numerosi investigatori, non si sa ancora bene che cosa è in realtà. È grazie alla luce che noi possiamo distinguere gli oggetti, e per questo è una delle cose più valiose: la luce penetra, illumina, riscalda, dà vita, rialza gli oggetti[2]. Con la luce le cose possiedono una bellezza in più, sono ancora più belle. Ma anche se va considerata la luce in se stessa, nella sua natura, pur essendo una cosa materiale, è tra le cose materiali quella che di più si avvicina allo spirito, perché penetra i corpi materiali e li fa capaci di essere percepiti[3].

Ciò che la luce significa per la vita, ciò che la luce materiale fa nei corpi, lo fa la grazia di Dio nell’anima, ma in una maniera infinitamente più grande e meravigliosa: come la luce del sole penetra i corpi, illuminandoli, così la grazia, luce divina del Sole Divino Cristo, penetra l’anima come un raggio penetra il cristallo, spargendosi in essa ed illuminando dall’interno tutte le sue potenze, raggiungendo la radice più profonda dell’essere, trasformandola con la sua bellezza celestiale e col suo divino splendore[4], sigillando in essa l’immagine del Figlio di Dio.

Cristo è la Luce divina che proviene dal Padre e i suoi raggi ci raggiungono dall’eternità mediante la liturgia sacramentale, perciò la liturgia è luce, perché in essa agisce il Cristo glorioso e luminoso in Persona. Cristo ci comunica la sua grazia attraverso i sacramenti; la luce di Cristo viene sigillata nelle nostre anime, facendo di noi una sua luminosa riproduzione. Quando noi riceviamo nelle nostre anime un raggio della sua luce, della sua grazia, attraverso i sacramenti, accade nelle nostre anime qualche cosa di similare a ciò che accade in uno specchio od in un cristallo quando riflettono la luce del sole: ricevendo un raggio del sole, diventano una immagine del sole, al punto che ci si pensa di essere davanti allo stesso sole, perché il cristallo o lo specchio acquisiscono la stessa brillantezza e lo stesso fulgore del sole. È questa trasformazione che subisce la nostra anima nel momento di ricevere la grazia sacramentale: la grazia gli verte nell’anima i raggi del Divino Sole, la riveste con la sua luce come si fosse un luminoso manto regale e la introduce nel seno stesso del Sole Divino[5]. La luce della grazia divina ci fa ancora più brillanti di un cristallo che riflette lo splendore del sole, perché il cristallo riflette la luce del sole e diventa brillante come il sole, ma non porta in sé stesso questo sole, invece noi, quando riceviamo la grazia, non soltanto diventiamo brillanti perché diventiamo una immagine di Dio, ma perché Dio stesso, il Sole Divino, viene a dimorare in noi ed a brillare in noi[6]. La luce della grazia trasforma l’anima in un essere luminoso perché sigilla in essa la luminosa immagine di Cristo, Luce del Padre.

Per la Messa, il Sole Divino, il Cristo Eucaristico, ingressa in noi ed sparge nelle nostre anime e nei nostri cuori il suo divino splendore, riscaldandoci col fuoco del suo amore, la fiamma divina dello Spirito Santo[7], illuminandoci gli occhi dell’anima, anzi, dandoci occhi nuovi, capaci di percepire un mondo nuovo, il mondo della vita di Dio e dell’amore di Dio. Ma non solo questo: la luce del Cristo Eucaristico ci immerge nel seno di Dio, nella vita stessa di Dio, ci immerge nella vita stessa dell’Uomo-Dio Gesù Cristo, nel suo Cuore e nella sua Passione, ci fa conoscere ed amare il Cristo come il Padre lo ama, ci fa desiderare di essere luce in Lui, di essere innalzati con Lui nella croce e così, dalla croce, illuminare il mondo con la Luce del Sole Divino, il Cristo Eucaristico.


[1] Cfr. Odo Casel, Il mistero del culto cristiano, Torino 1966, …

[2] Cfr. Matthias Joseph Scheeben, The glories of divine grace, TAN Books and Publishers, Illinois 2000, 169.

[3] Cfr. Scheeben, The glories, 168.

[4] Cfr. Scheeben, ibidem, 170.

[5] Cfr. Scheeben, ibidem, 170.

[6] Cfr. Scheeben, ibidem, 170.

[7] Cfr. Scheeben, The glories, 171.

martes, 22 de marzo de 2011

La Quaresima, partecipazione attiva alla Passione di Gesù


Gesù viene tentato da Satana nel deserto

(The temptation of the mount, Duccio)

La Chiesa, Madre e Maestra, ci esorta a fare memoria, nella Quaresima, della Passione del Signore Gesù. Quale memoria? Come farla?

Inanzittutto, è una memoria psicologica: leggiamo i vangeli, i brani sulla Passione, facciamo uso della memoria per ricordare, utilizziamo l’immaginazione per pregare.

Tuttavia, questa memoria non è l’unica né la principale. Questa memoria psicologica è sempre estrinseca al fatto stesso della Passione. C’è una ‘memoria’ più profonda, connessa alla Passione, che viene chiamato per questo il ‘memoriale’.

Com’è la ‘memoria’, il ‘memoriale’, che noi, da cattolici, facciamo?

Secondo Santo Tommaso, l’uomo si trova nei confini del tempo e dell’eternità: da esseri umani, abbiamo corpo e anima; per il corpo, siamo soggetti al tempo, alla successione del movimento, al prima e al dopo; per l’anima, viviamo già al di fuori del tempo, nel tempo speciale dell’anima –detto ‘aevum’-, al di là del tempo del corpo, e questo è vero in quanto l’anima è immortale, vale a dire, sussiste al di là del tempo.

Per la grazia divina, partecipiamo, col nostro tempo e la nostra ‘temporalità dell’anima’, dell’eternità divina. Vuol dire che noi, essendo partecipi dell’eternità di Dio, siamo davanti ai suoi occhi fin dalla nascita, fino alla plenitudine della vita eterna.

Dio è presente, in ogni tempo, in tutti i tempi umani; i nostri tempi sono presenti agli occhi di Dio in ogni momento.

Questo è valido per Cristo, che è Dio eterno. Noi siamo davanti a Lui in ogni momento; Lui ci guarda dal profondo del nostro essere, in ogni istante della nostra vita.

Ma Cristo, essendo Dio eterno, soffre ancora nella sua umanità gloriosa, fino alla fine dei tempi, in maniera inspiegabile e misteriosa, per noi, ma non di meno realmente e veramente.

Siccome noi siamo parti del suo Corpo Mistico, siamo partecipi, realmente e veramente, della sua presente sofferenza per i peccati del mondo.

Il suo Corpo Mistico, la Chiesa, noi, battezzati, e membra del suo Corpo, partecipiamo della sua Passione. La sua Passione è reale e attuale: oggi Lui soffre nel Getsemani, sulla croce.

Lui soffre per i nostri peccati, e si consola per i nostri atti virtuosi.

È ciò che ci insegnano i mistici: Santa Gemma, Padre Pio, Santa Margherita di Alacquoque. Con le loro esperienze mistiche, le loro piaghe visibili, che sono le piaghe di Gesù, ci dicono che Gesù ancora soffre per noi attraverso di loro.

La Passione di Cristo è presente nel nostro tempo, nella nostra Messa; ecco la ‘memoria’, il ‘memoriale’ che facciamo da cattolici. Il nostro ‘memoriale’ attualizza la Passione.

Per tutti quelli che non sono mistici, la partecipazione alla Passione di Gesù si fa anche in maniera reale, ma nascosta, invisibile, attraverso le stigmate dello spirito, i dolori dello spirito.

Perciò il valore della sofferenza, perché col dolore partecipiamo, col nostro tempo, alle sue sofferenze, e questa sofferenza è salvifica. Nel dolore offerto, ci salviamo, anche nelle gioie, perché è Gesù a soffrire e gioire in noi e con noi.

Nella Messa, abbiamo la Presenza reale di Gesù e della sua Passione. Perciò facciamo della Messa e del tempo di Quaresima, una partecipazione consapevole e attiva della Passione del Nostro Signore Gesù Cristo.

martes, 15 de marzo de 2011

Voi siete la luce del mondo e il sale della terra

Cristo Re eterno

“…voi siete la luce del mondo e il sale della terra…”. Perché Gesù dice questo? Non è che già c’è la luce del sole? E non aveva detto Lui: “Io sono la luce del mondo”? Se Lui è la luce, perché dice: ‘voi’ siete la luce? Gesù si rivolge ai suoi apostoli, ai suoi prediletti, a coloro che Lui personalmente ha scelto. Gesù si rivolge ad ogni battezzato, perché ogni battezzato ha ricevuto la luce di Dio nell’anima, ogni battezzato ha ricevuto il sale della divinità nella sua anima umana. La luce alla quale fa referenza Gesù non è immaginaria, né una metafora, né qualche cosa di simbolica, neppure è una qualche luce naturale, conosciuta da noi: è una luce vera, ma di origine divino, soprannaturale, che non solo illumina, ma anche proporziona vita, vivifica. Questa luce, che viene versata sull’anima solo attraverso i sacramenti, è una luce spirituale che illumina l’intelletto sulla verità della Persona divina di Gesù Cristo e allo stesso tempo infonde all’anima la vita di Dio. Chi la riceve viene illuminato e vivificato da essa. Essere illuminato da questa luce divina vuole dire essere partecipe, insieme e in Cristo Gesù, alla vita di Dio Trino. Io, con una vita umana, essere umano, sono fatto partecipe, insieme a Gesù, alla vita di Dio.

Ricevere questa luce che viene da Dio, significa pure essere incorporato a Cristo, essere parte di Cristo, del suo Corpo, formare veramente parte sua, appartenere a Cristo come Cristo appartiene all’anima. Il battezzato e stato fatto membra del Corpo di Cristo, e allo stesso modo come una mano appartiene al corpo, lui forma parte di questo Corpo di Cristo, e Cristo è il suo Capo. La mano si muove in armonia col corpo, secondo le indicazioni del capo. Per il battesimo, dunque, sono stato fatto membra vera e reale del Corpo di Cristo, sono stato illuminato e vivificato dalla sua luce divina.

Ma questa unione organica con Gesù, ottenuta nel battesimo, questa illuminazione e questa vita nuova ricevuta, deve essere, da parte mia, alimentata e approfondita sempre più dalla fede. Se non c’è la fede, il battezzato è come una membra morta, che non si muove, perché non riceve la vita che si riversa dal capo. Se non c’è fede, la luce divina ricevuta nel battesimo, rimane oscurata, non brilla più sull’anima, e l’anima non brilla più con la sua luce. Quando non c’è fede, il volto dell’anima non è più rivolto alla luce di Dio, dà le spalle a Cristo Dio e alla sua luce, rimane perciò essa nelle ombre e non è capace di illuminare.

Affinché noi, battezzati, possiamo illuminare il mondo, dobbiamo rivolgere il volto dell’anima a questa luce che brilla nel più profondo dell’anima, per ricevere l’illuminazione e la vita che da questa luce del volto di Cristo scaturiscono.

Ci vuole soltanto volere: volere credere in Cristo e nella sua Chiesa. L’anima è come una finestra, come una porta, chiusa a chiave da dentro: nessuno può aprire se io non apro, Dio potrebbe farlo, ma Lui rispetta la mia decisione, ma, come non aprire a Cristo che bussa alla mia porta?: “Ecco, io sto alla porta e busso. Se uno, udendo la mia voce, mi aprirà la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3, 20).

In questa maniera, aprendo la porta dell’anima mia a Cristo che bussa per entrare nel mio cuore, riceverò, non più un raggio della luce divina, ma lo stesso Sole Divino, Cristo. Aprendo la porta della mia anima a Gesù che bussa, volgendo il volto della mia anima alla sua luce divina, avendo fede in Cristo e nella sua Chiesa, la mia unione organica con Cristo diventerà viva, solo in questa maniera sarò la mano che si muove organicamente col corpo secondo le indicazioni del capo. Solo così, illuminata la mia anima dalla Presenza dello stesso Sole Divino, potrò illuminare il mondo con la luce di Cristo: “Andate, portando me nel cuore, e predicate il Vangelo”.

martes, 8 de marzo de 2011

Gesù ha vinto Satana sulla croce, per sempre


La tentazione, opera del demonio, è irragionevole. È irragionevole adorare il demonio –una delle tentazioni-, perché è una creatura e perché solo Dio merita di essere adorato; è irragionevole desiderare la gloria mondana, perché noi siamo destinati alla beatitudine eterna; è irragionevole tentare a Dio chiedendo un miracolo assurdo: i miracoli hanno il senso di mostrare che Gesù è Dio.

Gesù non ha mai dato il consenso o l’assenso interiore, della sua volontà o intelligenza, al peccato, il che viene dopo la tentazione, perché la sua umanità aveva la grazia creata dell’unione ipostatica col Verbo di Dio, e la grazia increata dello Spirito Santo.

Invece, da noi, la tentazione, sensibile o intelligibile, raggiunge, attraverso la suggestione, l’intelligenza e la volontà, fino a farci fare un atto libero che aderisce al male. Gesù ci insegna il potere e la bontà di Dio.

Gesù mai poteva cadere nel peccato, perché è l’Agnello di Dio, è Dio fatto uomo.

Ma ha voluto lasciarci tentare, per farci riconoscere la malizia del diavolo e la bontà di Dio.

Ma non soltanto lasciarci un esempio esterno: siccome siamo delle membra di Cristo in forza del battesimo, è Lui ad agire con noi e in noi. Il nostro agire virtuoso, contro le tentazioni, è un agire con Cristo e in Cristo.

Questo vuol dire che se siamo Corpo di Cristo, operiamo come Lui, in Lui e per Lui, perché le membra ricevono la grazia e la forza che scende dal suo capo. Cristo agisce in noi, comunicandoci la su forza divina, in maniera che le nostre azioni sono fatte con Lui: è Lui ad operare insieme a noi, nel nostro atto libero e virtuoso. In ogni atto libero, fatto in grazia, è Lui a operare in noi. È Lui a darci il volere e l’agire. Senza di Lui non possiamo fare nulla di buono.

Ecco il valore delle tentazioni e della prova: è il momento dove il Signore si mostra, attraverso la nostra debolezza, con tutto il suo potere.

Lui agisce in noi ogni volta che sappiamo riconoscere, nella tentazione, l’ombra oscura del demonio.

Il rifiuto della tentazione, fatto grazie alla potenza dello Spirito di Cristo che agisce in noi e attraverso di noi, è un occasione per crescere nella ricerca e nella scoperta dell’amore di Dio manifestato in Cristo Gesù.

Perciò le tentazione sono necessarie, perché non soltanto ci servono a crescere nel rifiuto del male e nella consapevolezza del bene. Se fosse soltanto questo, sarebbe sì una cosa buona, ma solo a livello della natura. C’è ancora qualcosa di più: nell’agire in Cristo, c’è la forza dello Spirito. Per superare le tentazioni, bisogna fare un atto virtuoso e soprannaturale, il che vuol dire agire in maniera nuova: agire alla maniera e con la forza di Gesù: è partecipare alla sua azione salvifica, è salvarci attraverso l’atto virtuoso di resistere le tentazioni, e questo, perché è Gesù Dio ad operare con noi il volere e l’agire virtuoso. Ecco qualcosa di più: nell’atto virtuoso che vince le tentazioni, dobbiamo renderci conto, riconoscere, che c’è l’azione di Gesù attraverso la mia azione virtuosa.

Riconoscere la Presenza di Gesù, il suo amore operante in noi, ad ogni atto virtuoso. Perciò il valore della tentazione.

Come Gesù, possiamo, per la virtù del suo sangue, vincere ogni sorta di tentazione. Nostro Signore ha vinto Satana una volta per tutte. Nell’Eucaristia ri-viviamo, attualizziamo la nostra salvezza. Nell’Eucaristia si attualizza la sua Presenza, così possiamo riconoscere in Lui il vero Dio da adorare, il vero Pane celeste che da la vita eterna, il vero regno che dobbiamo conquistare.