viernes, 29 de abril de 2011

Quest'immagine è un segno degli ultimi tempi



“Otto giorni dopo, venne Gesù” (Gv 20, 19-31). Gesù Resuscitato appare ai suoi discepoli. Gesù resuscitato ci scopre gli abissi della misericordia divina. Appare come Dio-Uomo, come Uomo-Dio. Resuscitato, si appare ai suoi discepoli, a noi, che siamo stati i suoi assassini a causa dei nostri peccati, ecco ci la sua misericordia e il suo amore: perdona quelli che sono stati i suoi aguzzini, noi. Resuscita per manifestarci la misericordia divina, il perdono di Dio.

Come Dio, soffia lo Spirito Santo, dando agli apostoli il potere di perdonare i peccati. Quest’azione ci rivela l’origine trinitario di Gesù: inviato dal Padre e insieme a Lui, espira lo Spirito Santo, ed è questo ciò che accade nel seno di Dio Trinità: il Padre e il Figlio espirano eternamente lo Spirito Santo.

Vuol dire che Dio Trinità è coinvolto, tutte e Tre le Persone divine, nell’opera della nostra salvezza: Dio Padre invia e consegna il suo Figlio; il Figlio accetta l’incarico e la volontà del Padre e muore in croce, e lo Spirito Santo, inviato dal Padre e dal Figlio resuscitato, dimorerà nelle nostre anime, nei nostri cuori, perdonandoci i nostri peccati per il merito del sangue di Gesù.

Gesù, dopo di resuscitare, appare come Dio-Uomo, come Uomo-Dio.

Come Uomo, Lui mostra il suo corpo pieno di gloria divina, la gloria del Verbo, la stessa gloria ricevuta dal Padre sin dall’eternità.

È un corpo glorioso, ma non vuol dire “irreale”, “fantasmale”, “immaginario”: è un corpo reale, vero, perciò mostra le piaghe delle mani, dei piedi, la ferita del costato aperto dalla lancia.

Soltanto che adesso dalle sue piaghe escono la luce e la gloria divina.

È un corpo reale, perciò mangia pesce davanti ai suoi, affinché siamo convinti della realtà del suo corpo. Un fantasma non mangia; sì mangia una Persona divina col suo corpo glorioso.

Questo stesso corpo suo, glorioso, è quello ancora sofferente, misteriosamente ma realmente, fino alla fine del mondo, per i nostri peccati.

Questo stesso corpo suo, glorioso, è quello che viene offerto tutti i giorni, nella messa, e viene presentato da Lui, nell’altare del cielo, davanti agli occhi delle Persone divine, come sacrificio eterno, gradevole, puro, santo, di profumo squisito, per i nostri peccati, per placcare l’ira di Dio verso di noi.

Perciò Gesù è la manifestazione della Divina Misericordia: muore per noi, e ci dona la sua vita e il suo Spirito, affinché siamo salvati e, molto di più di essere salvati, affinché la Trinità abiti in noi. E tutto questo lo fa per misericordia, per amore, non per obbligo, ma per puro dono e amore verso di noi.

Gesù si appare da Uomo-Dio ai suoi discepoli, col suo corpo glorioso, resuscitato, e dona il suo Spirito.

Questa è la realtà dell’Eucaristia: Gesù si presenta da Uomo-Dio, a noi, suoi discepoli, col suo corpo glorioso, resuscitato, e ci dona il suo Spirito.

martes, 19 de abril de 2011

La Passione dell'Uomo-Dio, segno dell'amore divino per gli uomini

Cristo ci lascia l'Eucaristia
per rimanere con noi tutti i giorni,
fino alla fine.


“…Gesù… dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1). Dio non fa le cose per necessità o per obbligo, ma per amore: l’amore e la misericordia sono il fondamento dei disegni di Dio[1], l’amore e la misericordia sono il fondamento della Pasqua di Gesù.

L’amore di Dio, lo Spirito Santo, è l’amore reciproco tra il Padre ed il Figlio, è Colui che unisce e sigilla l’amore perfettissimo e divino tra il Padre ed il Figlio, è la prenda reale mediante la quale tutti e due si consegnano l’essere divino[2].

Questo amore di Dio Trino è la forza che opera nell’Incarnazione e nella Passione dell’Uomo-Dio, mediante la quale non soltanto vuole Dio liberarci dal peccato, ma elevarci alla gloria di figli suoi, di figli di Dio, ad una gloria e ad una sublimità talmente ammirabili, che non possono essere espresse né compresse mediante semplici concetti[3].

Per farci figli suoi, per farci partecipi della gioia del suo essere divino, per versare nei nostri cuori il suo amore infinito e così portarci al suo Cuore Divino, Gesù Cristo consegna se stesso sull’altare della croce, consegna il suo Corpo e versa il suo Sangue nella croce. Ma questo non basta al suo Amore infinito. Lui vuole rinnovare questo gesto d’amore per ogni giorno della nostra vita; Lui vuole che noi, lontani due mille anni dal suo sacrificio nella croce, siamo presenti e partecipiamo a questo medesimo sacrificio, tutti i giorni della nostra vita, e per questo istituisce il memoriale della sua Passione, l’Eucaristia; istituisce il sacerdozio ministeriale, mediante il quale Lui stesso si consegnerà nell’Eucaristia, e lascia il comandamento dell’amore soprannaturale, spirituale e divino-umano, come fondamento del nostro rapporto verso Dio ed il prossimo. E come un anticipo di questo supremo sacrificio, sulla croce dell’altare, nell’Ultima Cena, consegna il suo Corpo nell’Ostia e versa il suo Sangue sul calice. Nell’Ultima Cena, prima di compiere la sua Pasqua, il suo Passo di questo mondo all’altro, l’Uomo-Dio, Sacerdote Eterno della Nuova Alleanza, consegna alla Chiesa, Sua Sposa, le istituzioni supreme del suo Amore infinito: il sacerdozio ministeriale e l’Eucaristia, ed il loro fondamento, il comandamento dell’amore verso Dio ed il prossimo. Tutti questi doni si attualizzano e si fanno uno nella Messa, perciò nella Messa Cristo lascia alla sua Chiesa il dono supremo del suo Amore, il Memoriale della Ultima Cena e della sua Passione, Memoriale santo mediante il quale comunicherà agli uomini questo amore del suo Cuore ed il suo Cuore stesso.

La Messa è l’Ultima Cena, ed è anche il sacrificio di Cristo nella croce; è lo stesso sacrificio, realizzato due mille anni fa, rinnovato misticamente sotto le specie eucaristiche. Nella Messa, sacrificio dell’altare, si verifica la stessa immolazione di Cristo sulla croce, vale a dire, la separazione sacrificale del Sangue dal Corpo. La separazione del suo Corpo reale dal suo Sangue reale, verificata nella croce, è significata, nella Messa, dalla doppia consacrazione, separata, del pane e del vino.

Fu lo stesso Signore Gesù Cristo ad istituire una doppia consacrazione, del pane e del vino, allo scopo di farci vedere che, sull’altare, si verifica il suo sacrificio, come nella croce. Il pane ed il vino si consacrano separatamente perché nella croce il Corpo ed il Sangue si separano.

È la Parola Onnipotente del Verbo del Padre, che opera con la sua virtù divina nella consacrazione, a trasformare il pane nel Corpo di Cristo ed il vino nel suo Sangue. Per le parole della consacrazione –Questo è il mio Corpo... Questo è il mio calice- si fanno presenti, separatamente, sull’altare, per la potenza infinita del Verbo, il Corpo ed il Sangue di Cristo: sotto le specie, sotto le apparenze del pane, si fa presente soltanto il Corpo; sotto le specie, sotto le apparenze del vino, si fa presente soltanto il Sangue. Nella Messa, come nell’Ultima Cena, è la Parola Onnipotente ed Eterna del Salvatore, pronunciata attraverso la debole voce umana e terrena del sacerdote ministeriale, a trasformare il pane nella Carne di Gesù ed il vino nel suo Sangue. Per questa azione onnipotente e divina del Verbo, sull’altare si trovano il medesimo Corpo ed il medesimo Sangue donati in sacrificio per la nostra salvezza; sull’altare, per la Parola del Padre eternamente pronunciata, si trova lo stesso Corpo offerto per noi, lo stesso Sangue versato per noi, misticamente separati, sostanzialmente presenti, meravigliosamente reali.

Nell’altare Gesù Cristo realizza la stessa azione sacrificale che realizza sulla croce, perchè il sacrificio dell’altare è il medesimo sacrificio della croce, realizzato nel tempo, rinnovato lungo la storia in maniera incruenta, sacramentalmente.

Perciò, per essere l’Eucaristia la rinnovazione sacramentale incruenta della morte di Cristo sulla croce, vale a dire, per il fatto di essere la Messa lo stesso sacrificio e morte in croce, nell’Eucaristia vige una misteriosa separazione, del Corpo e del Sangue. Assistiamo in ogni Messa ad una immolazione mistica, attuale, presente, di Cristo sulla croce. Questo vuole dire che tra pochi minuti, oggi, come in ogni messa, sull’altare, si farà presente nello Spirito il Salvatore, in Persona, come nell’Ultima Cena, come nella croce.

Per la separazione sacramentale del Corpo dal Sangue di Gesù, operata misticamente nella Messa, la Messa è un vero sacrificio, che attualizza, sulla altare, l’immolazione del Calvario.

In ogni Sacrificio Eucaristico, in ogni Messa, sotto i nostri occhi, partecipiamo allo stesso sacrificio del Calvario, perché partecipiamo, per il potere dello Spirito Santo, alla stessa Ultima Cena storica.

Se la Messa è l’Ultima Cena, il Calvario, il Memoriale santo del suo Amore infinito per noi, la nostra partecipazione non può, non deve essere fredda, indifferente, verso Lui che s’immola sull’altare per amore per noi. Il nostro deve essere l’atteggiamento di un silenzioso raccoglimento interiore, di una amorosa e soprannaturale adorazione, fatta nello Spirito Santo, mediante la quale manifestiamo la nostra gioia, la nostra ammirazione ed il nostro ringraziamento per questi doni del suo Sacro Cuore, attraverso i quali vuole gettarci nell’abisso infinito del suo Cuore: il sacerdozio ministeriale, l’Eucaristia, il comandamento della carità.


[1] Cfr. Matthias Joseph Scheeben, Los misterios del cristianismo, Ediciones Herder, Barcelona 1964, 785.

[2] Cfr. Scheeben, Los misterios, 72.

[3] Cfr. Scheeben, Los misterios, 443.

martes, 12 de abril de 2011

Domenica delle palme



L’Uomo-Dio Gesù Cristo inizia e compie la sua Passione, mediante la quale porterà la salvezza agli uomini e renderà gloria a Dio. Con la sua Passione e morte in croce, Cristo ci salverà dal peccato e dalla morte. Lui poteva redimerci senza subire nessun dolore, e invece patì un dolore infinitamente più grande dei dolori di tutti gli uomini, la Passione. Per soddisfare per i nostri peccati non ci voleva questo eccesso di patimento[1]; bastava un solo goccio del suo Sangue, una sola lacrima sua, e nemmeno questo. Perché mai Cristo soffrì in una maniera così terribile?

Se noi pensiamo che Cristo patì la Passione soltanto perché dopo il peccato c’era l’obbligo e la necessità di redimere gli uomini e di rendere omaggio ed onore a Dio, di restituire l’onore calpestato a Dio dagli uomini, diminuiamo l’onore di Cristo[2]. Lui non patì per necessità.

Fu l’amore libero ed infinito a Dio ed agli uomini ad spingerlo ad abbracciare la croce, a patire la Passione e la morte[3], e così l’amore di Cristo è l’onore della Passione, perché la sofferenza è più onorevole quando viene accettata liberamente e quando colui che patisce, patisce per amore e non per obbligo. Quando si patisce liberamente, non per necessità, e quando si patisce per amore, il patimento non è più un disonore ma una prova d’amore per colui per il quale si patisce.

Che il patire liberamente per amore sia la più grande mostra d’amore che l’amante possa dare all’amato, questo lo possiamo capire meglio vedendo i rapporti umani. Quando noi vogliamo acquistare qualche bene del quale abbiamo bisogno, siamo disposti a soffrire ed a fare qualche sacrificio per questa necessità. Invece per coloro che amiamo di più, siamo disposti a soffrire, e soffriamo, e facciamo qualsiasi sacrificio, non soltanto allo scopo di acquistargli qualche bene o rimediare qualche necessità, ma per dimostrargli, così, mediante il dolore, il nostro amore ed il nostro rispetto. Perché dimostra di più l’amore l’offerta di sé fatta mediante il sacrificio ed il dolore, che quella fatta senza subire, impassibile[4]. È in questa maniera, mediante il dolore, che dimostriamo l’amore nostro per i nostri cari, per le persone che amiamo di più, meglio ancora di qualsiasi altra opera che noi facciamo in loro favore. Quanto più grande è il dolore subito liberamente e per amore ai nostri cari, tanto più grande è la mostra del nostro amore per loro.

Gesù Cristo poteva redimerci senza patire –nonostante, se ci avrebbe redenti in maniera impassibile, sarebbe stato per noi un grande onore-, ma invece, scelse liberamente di patire la sua Passione, non per obbligo o per necessità, ma per amore, e perciò, tramite la sua Passione d’amore, ci rivela l’immensità dell’amore divino per noi. Quanto più grandi le sofferenze del Cristo, tanto più grande è l’amore di Dio per noi.

Perciò i santi amano la sofferenza ed il patire, non per soddisfare i propri peccati ed altrui, se non perché, umiliandosi se stessi, si assomigliano all’Uomo-Dio, il quale, in questa maniera, mediante la sua umiliazione estrema e mediante la sofferenza più atroce mai patita da alcun uomo, glorificò il suo Padre e se stesso nella maniera più perfetta[5]. L’umiliazione e l’annientamento spontanei dell’Uomo-Dio diedero a Dio e a Cristo il trionfo più grande, un trionfo infinito, del loro onore e della loro gloria[6].

Ed è questo ciò che noi dobbiamo cercare di imitare in Cristo, come fecero i santi: l’umiliazione e l’annientamento della Passione, della Croce, per così glorificare la Trinità. Ma la nostra umiliazione ed il nostro annientamento, anche la nostra croce, hanno valore solo se vengono uniti alla umiliazione ed all’annientamento del Cristo Crocifisso, del Cristo della Passione e della sua Croce. All’infuori di Cristo e della sua croce, non sono che superbia mascherata. L’imitazione del Cristo Dolente deve essere anzitutto interna, spirituale, un’opera dell’anima, ma soprattutto dello stesso Cristo e del suo Spirito d’Amore.

Siccome tra noi, cattolici, ed il Figlio di Dio esiste una relazione specialissima, una unità misteriosa perché siamo stati incorporati alla sua Persona divina come il suo Corpo, perciò dobbiamo agire in armonia col Capo, movendoci secondo i silenziosi impulsi del suo Spirito[7]. E se il Capo è crocifisso, il suo Corpo -le sue membra, noi- non può pretendere una vita spensierata, senza sofferenze. Il Corpo deve compartire, nello medesimo Spirito, il dolore del Capo crocifisso per poi compartire la gioia eterna della Risurrezione.

E se la vita di tutti i giorni deve essere una interrotta imitazione di Cristo, perché il corpo fa ciò che fa il capo, non c’è configurazione ed imitazione più perfetta al Cristo di quella che si verifica nella Messa, perché lì La Passione di Cristo e quella dei cristiani formano una unità nel sacrificio ideale di Cristo[8].

Nel sacrificio eucaristico, l’Uomo-Dio offre al Padre la carne ed il sangue della nostra natura umana, che vengono santificate dal fuoco dello Spirito Santo e così, sublimate da questo Spirito, vengono presentate davanti al trono di Dio. Cristo offre al Padre la nostra carne ed il nostro sangue, e noi, per Cristo, con Cristo ed in Cristo, uniti al suo sacrificio eucaristico, offriamo al Padre una offerta di valore infinito, la offerta del sacrificio del suo Corpo Mistico[9].

Uniti al Cristo Eucaristico, tutta la nostra vita, con le sue gioie e i suoi dolori, viene assimilata alla Passione di Cristo, e in Cristo, fatta una Pasqua in onore e gloria di Dio Trino.


[1] Cfr. Matthias Joseph Scheeben, Los misterios del cristianismo, Ediciones Herder, Barcelona 1964, 450-451.

[2] Cfr. Scheeben, Los misterios, 450.

[3] Cfr. Scheeben, Los misterios, 449.

[4] Cfr. Scheeben, Los misterios, 449.

[5] Cfr. Scheeben, Los misterios, 450.

[6] Cfr. Scheeben, Los misterios, 451.

[7] Cfr. Scheeben, Los misterios, 395.

[8] Cfr. Scheeben, Los misterios, 463.

[9] Cfr. Scheeben, Los misterios, 463.