miércoles, 23 de octubre de 2013

La Vigna è la Chiesa Cattolica


Il Padre e Vignatore è Cristo, l’Uomo-Dio; i figli sono i figli adottivi di Dio, i battezzati; la Vigna è la Chiesa Cattolica (cfr. Mt 21, 28-32). Gesù ci dice: “Io sono il Signore, vostro Dio, e vi invio a lavorare nella mia Vigna, la Chiesa, per la salvezza delle anime”.
         Cristo invia i suoi figli a lavorare nella sua Vigna, la Chiesa, ma non li invia da soli. Quando Lui invia, invia col suo Spirito Santo, presente personalmente nell’anima del battezzato; perciò il rifiuto alla sua richiesta è rifiuto al Suo Spirito d’Amore. Cristo invia, ma i suoi figli sono liberi a decidere per o contro Cristo: per Cristo, seguendo il suo invito, lavorare nella sua Chiesa; contro Cristo, seguendo lo spirito umano, lavorando per se stessi, non per il Regno di Dio né per la salvezza delle anime.
         Alla stessa chiamata di Gesù ci sono dunque due modi diversi di rispondere: uno, guidato dallo spirito umano, che porta in sé il germoglio della superbia e dell’egoismo; l’altro invece, guidato dallo Spirito di Cristo, lo Spirito Santo, che porta in sé l’umiltà, la generosità, l’amore di Cristo.
         Seguendo se stesso, l’uomo rifiuta l’invito di lavorare nella Vigna di Cristo e, lontano da Cristo, dominato dal suo egoismo, lavora soltanto per aumentare la sua ricchezza. Fa del lavoro non un mezzo di santificazione, ma un mezzo per accumulare ricchezze col sudore altrui. Dio non protegge questi lavoratori, che in questa maniera non fanno la volontà del Padre; anzi, guarda loro col rigore divino.
         Seguendo invece Cristo, accogliendo col cuore il suo invito a lavorare nella sua Vigna, l’uomo, il figlio di Dio, invaso e penetrato dallo Spirito di Cristo, lavora insieme a questo Spirito, che è lo Spirito d’amore verso Dio e il prossimo, Spirito che rende il lavoro santo e fruttifero. Come dice una santa: “Questo amore di Dio e di prossimo è come l’erpice che pulisce il suolo dalle erbe nocive dell’egoismo e dalle male passioni; è come la zappa che scava un anello intorno al tralcio perché sia isolato dal contagio d’erbe parassite e nutrito di fresche acque d’irrigazione; è sole che matura i frutti del buon volere e ne fa frutti di vita eterna”.

         Al lavorare nella Vigna di Cristo col suo Spirito Santo, i vignatori udranno con giubilo senza misura queste parole dal Padre Eterno: “Venite, miei fecondi tralci innestati con la Vera Vite. Voi vi siete prestati ad ogni operazione, anche se penosa, pur di dare gran frutto, e ora a Me venite densi dei succhi dolci dell’amore Verso Me ed il prossimo. Fiorite nei miei giardini per tutta l’eternità”.

lunes, 23 de septiembre de 2013

I santi imparano da Cristo crocifisso


Quando leggiamo nella vita dei santi e dei martiri, ci sono tante cose che ammiriamo: ad esempio, che sono persone molto diverse, perché appartengono a etnie, razze, nazioni, lontani l’uno dell’altro; provengono sia dai paesi lontanissimi, sconosciuti da noi, sia dal nostro proprio paese, vale a dire, che hanno condiviso la nostra istoria e la nostra cultura.
          Sono persone diverse, ma hanno qualche cosa in comune: hanno la stessa fede: credono in un solo Dio Trino, credono in Gesù, Seconda Persona della Trinità, che si è incarnata per la salvezza dell’umanità; credono nella Vergine Maria, nella Chiesa Cattolica.
          Ciò che ci ammira è anche il suo insegnamento: tutti ci insegnano che Gesù è il Salvatore, che è Presente col suo corpo e sangue nell’Eucaristia, che i sacramenti –soprattutto, Eucaristia e Confessione-, sono i nostri mezzi per santificarci. Tutti sono veramente felici. Tutti ci insegnano queste verità che non provengono dalla mente umana.
          Da dove imparano i santi queste verità che li fanno felici?
          Non da soli. Dice il Santo Padre Giovanni Paolo II che i santi e i martiri imparano nella croce di Gesù.
          È Gesù crocifisso il Sommo Maestro che illumina le intelligenze umane, circa le verità eterne, circa la Vita eterna accanto a Lui.
          È Lui, l’Agnello di Dio, immolato sull’altare della croce, ad insegnarci ciò che dobbiamo fare se vogliamo vivere per tutta l’eternità accanto a Lui.
          I suoi discepoli vogliono imparare da Gesù: “Maestro, dove abiti? Glielo domandano, e anche noi glielo domandiamo, perché anche noi abbiamo voglia di imparare da Gesù la saggezza della croce. E alla nostra domanda, Gesù ci dice: “Abito nella croce, abito nel sacrificio dell’altare, abito nel cielo, che è l’Eucaristia, e voglio abitare nelle vostre anime”.

          Chiediamo la grazia di imparare la saggezza della croce, affinché Gesù abiti in noi.

martes, 2 de abril de 2013

Gesù incontra i discepoli di Emmaus



I discepoli di Emmaus, nel pomeriggio di Pasqua, si allontanano da Gerusalemme, dal luogo della Passione. Gesù si avvicina per accompagnargli, ma non riconoscono la sua Presenza: “…Gesù in Persona si accostò e camminava con loro, ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo”. Si allontanano dal luogo della Passione, vale a dire, si allontanano dalla Passione, e diventano cecchi e tristi, incapaci di riconoscere il Signore. Cecchi, tristi, senza gioia, lontani dal Signore morto e risorto che cammina con loro. Non siamo noi, questi discepoli di Emmaus? Non è questa la descrizione della nostra vita spirituale? Perché i discepoli, tristi e cecchi, non riconoscono Gesù? Per il loro modo di vedere la Passione di Gesù[1]. È un modo talmente umano, senza fede, che vede le cose, i successi della vita, dal basso, e mai alza gli occhi per vedere dall’alto e verso l’alto. Uno sguardo meramente umano della religione, della Chiesa, di Gesù, della Messa, dell’Eucaristia, anche di noi stessi, ci rende incapaci di comprendere la realtà. Guardando la nostra vita, soltanto dal punto di vista umano, lasciando di lato il Signore Gesù che cammina con noi, come fanno i discepoli di Emmaus, mai capiremmo nulla, nemmeno le cose che accadono tutti i giorni. Vedendo umanamente, è impossibile capire il dolore, la sofferenza, le situazioni penose e angoscianti. Nemmeno le gioie le possiamo capire. Soltanto sotto la luce divina della croce di Gesù possiamo capire il senso della vita e delle sue prove: del dolore, la sofferenza, che a volte ci sembrano insopportabili; soltanto nel contatto con Gesù crocifisso e risorto possiamo capire che il dolore è un dono; che la vita, qualsiasi sia la mia vita, forse anni vissuti senza nemmeno una prova, senza dolore, forse anni vissuti nella disgrazia, è il cammino che devo percorrere per guadagnare il cielo. Se guardo la vita con uno sguardo puramente umano, sarò triste sempre, perché la nostra forza umana è incapace di capire il vero senso degli successi; il nostro sguardo umano è incapace di vedere Gesù, morto e risorto, che ci accompagna in ogni momento, nelle gioie e nei dolori. Abbiamo bisogno perciò della luce divina che scaturisce dalla croce di Gesù, che ci faccia capire chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Neanche possiamo capire la religione, la Chiesa, Gesù, i sacramenti, l’Eucaristia, con lo sguardo umano. Abbiamo bisogno della luce divina, per capire che la Chiesa non è un’invenzione dei preti e dei fedeli; che la Messa non è qualcosa di vuoto alla quale io ci devo essere per obbligo, o che posso lasciare di lato se c’è qualcosa più divertente o interessante da fare; abbiamo bisogno della luce divina per capire che la religione non è venire a Messa, per obbligo nel tempo di Pasqua e nel tempo di Natale. Abbiamo bisogno della luce divina di Gesù per capire che i sacramenti non sono una tappa sociale, fatta per obbligo, i quali dopo ricevuti, non servono a niente, e perciò i giovani spariscono dalla Chiesa: i sacramenti sono la nostra salvezza perché sono Gesù nella sua Pasqua. Abbiamo bisogno della luce divina di Gesù per capire che la Messa è la morte e risurrezione di Gesù, che mi dona la sua vita per salvarmi e farmi figlio di Dio; per capire che l’altare si trasforma nel Calvario, il pane nel corpo di Gesù e il vino nel suo sangue. Chiediamo perciò la grazia, la luce divina, quella stessa ricevuta dai discepoli di Emmaus, di riconoscere la Presenza Reale, viva, sostanziale, di Gesù nell’Eucaristia. Chiediamo di aprire gli occhi dell’anima davanti a Gesù Eucaristia.


[1] Cfr. A. Vanhoye, Per progredire nell’amore, Edizioni ADP, Roma 2001, 219ss.

miércoles, 13 de marzo de 2013


Os anuncio un gran gozo:
Tenemos Papa:


El argentino Jorge Mario Bergoglio es el nuevo papa, Francisco I


el eminentísimo y reverendísimo Señor,
Don Jorge Mario,
Cardenal de la Santa Iglesia Romana,
que se ha impuesto el nombre de
Francisco 

Junto a Su Santidad Benedicto XVI,
prometemos al nuevo Vicario de Cristo
"reverencia y obediencia incondicional"

lunes, 11 de febrero de 2013





¡Te agradecemos de todo corazón, Santo Padre Benedicto XVI, tu servicio a la Santa Madre Iglesia! ¡Que el Espíritu Santo suscite un sucesor con tu misma fe, sabiduría y caridad!

martes, 22 de enero de 2013

Il fariseismo è il cancro della religione



Gesù davanti ai farisei (cfr. Lc 11, 37-45). Nostro Signore fa fronte ai farisei. Chi erano?
I farisei erano gli incaricati di custodire e di trasmettere la legge di Dio al Popolo di Israele. Erano quelli scelti da Dio stesso, allo scopo di insegnare la legge divina al Popolo di Dio, ma non avevano capito che la legge annunciava il Cristo, e che Cristo era il Figlio di Dio.
Credevano di essere gradevoli a Dio facendo dei riti esterni, ma dimenticando la misericordia, la bontà, la carità verso il prossimo. Erano religiosi, ma duri di cuore. I farisei furono a poco a poco lasciando cadere nel vuoto la Parola Divina, per scambiarla con parole umane; scambiavano la Saggezza Divina, che comandava amare il prossimo ed amare Dio –“Ascolta, Israele, amerai il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima…-  per il comandamento umano, che comandava amare solo se stesso, senza preoccuparsi né degli altri né di Dio.
I farisei rappresentano il mistero dell’iniquità, cioè, la negazione volontaria del mistero di Dio Incarnato, Gesù Cristo. Dopo aver visto con i loro occhi i suoi miracoli, che testimoniavano la sua divinità, i farisei volontariamente rifiutano a Gesù come Dio nel tempo. Questo è il mistero di iniquità: rifiutare Cristo e la sua croce.
Perciò nostro Signore gli dice queste cose, che sono forte e dure, ma certe: perché preferiscono il loro spirito, invece dello Spirito di Dio.
Tutti noi possiamo diventare farisei se dimentichiamo la misericordia. Senza misericordia, la religione è solo falsità ed ipocrisia. Senza bontà, la religione è inganno e chiacchiera. Perciò il fariseismo è il cancro della religione. Uccide la religione.
Perciò le parole di Gesù, anche pronunciate 2000 anni fa, ai farisei, percorrono il tempo e ci raggiungono. Vengono dette a ciascuno di noi. E noi dobbiamo avere cura di non lasciare perdere le parole di Gesù. Dobbiamo fare come la Vergine Maria, che custodiva la Parola Divina nel suo cuore, e la metteva in pratica.
È molto facile cadere nella tentazione del fariseismo: crederci che facendo qualche rito esterno, già c’e l’abbiamo fatta. Crederci che perché facciamo qualche piccola preghiera senza nemmeno prestare attenzione, Dio c’ha degli obblighi verso di noi.
Credere che possiamo vivere senza carità, senza amore verso Dio e verso il prossimo, e lo stesso saremo ascoltati e perdonati da Dio.
Cristo vuole che noi siamo misericordiosi, come è Lui: “Siate misericordiosi, come sono Io”, perché è la misericordia, l’amore, ciò che conterà alla fine della vita: “Sarete giudicati nell’amore”, dice San Paolo.
Chiediamo alla Vergine di non cadere nella tentazione farisaica di vivere la nostra religione senza carità, e di crescere sempre di più nell’amore a Cristo Dio e al prossimo. 

lunes, 24 de diciembre de 2012

Offriamoli il nostro povero cuore, per accogliere il Bambino Gesù e lo facciamo per tutti quelli che lo rifiutano



(Natività - Mt 1, 18-24)
            La Parola di Dio ci parla oggi del mistero dell’Incarnazione del Verbo: “Maria… si trovò incinta per opera dello Spirito Santo”.
            Questo mistero è il principale della nostra fede. È il mistero che fa sì che la nostra Chiesa sia l’unica Chiesa vera tra tutte le Chiese. Perché è la Chiesa dove la Parola di Dio si incarna e si comunica agli uomini. I misteri della Chiesa scaturiscono dalla Trinità e si presentano a noi per darci a conoscere a Dio, ma, anche una volta conosciuti, rimangono inafferrabili.
            L’Incarnazione fa sì che la nostra Chiesa sia una Chiesa dei misteri: i misteri di Cristo, i misteri della sua vita, Passione, morte e risurrezione.
            L’Incarnazione è un mistero, ma questo non vuol dire “irragionevole”. Vuol dire “irraggiungibile”, ma, allo stesso tempo, ragionevole. Meglio ancora, sopraragionevole, sopranaturale. Non è contrario alla ragione umana dire: “Dio si è incarnato e si è fatto uomo senza lasciare di essere Dio”. È qualcosa che non è irragionevole, ma rimane sempre nel mistero, che è inesauribile, perché è il mistero di Dio. Il mistero della fede e come mai il Dio Onnipotente ed Eterno, ha voluto incarnarsi, vale a dire, essendo Dio, farsi Bambino, essendo Onnipotente, farsi debole, essendo Eterno, nascere nel tempo.
            L’Incarnazione è un opera della Trinità: è il Padre ad inviare il Figlio, nell’amore dello Spirito Santo. Ma è soltanto il Figlio ad assumere una natura umana, ad incarnarsi.
“…quel che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo”: lo Spirito Santo ha un ruolo centrale nell’incarnazione: il Padre invia il Figlio nello Spirito d’Amore, verso gli uomini e verso il Figlio; il Figlio obbedisce nello Spirito d’Amore al Padre, e lo Spirito Santo, Spirito d’Amore, crea il corpo e l’anima umana di Gesù all’interno del grembo virginale e purissimo di Maria per amore al Padre, al Figlio e agli uomini.
L’Incarnazione dunque è un mistero d’Amore, dell’amore della Trinità verso gli uomini. Un amore che non siamo in grado di capire –e anche qualche volta non vogliamo capire- perché è l’Amore di un Dio verso la sua creatura, l’uomo, un amore divino, infinito, senza misura. Un amore eterno, come Dio: “Dio è amore”. E siccome Dio è eterno, così il suo amore per noi.
È questo amore di Dio, lo Spirito Santo, quel che porta ad attuare l’opera dell’Incarnazione. Ciò che si è generato in Maria Vergine è opera dello Spirito Santo: è stato generato in Maria Vergine la natura umana di Gesù, che si è unita immediatamente alla Persona divina del Verbo. Così Gesù è Dio –Seconda Persona della Trinità- e uomo allo stesso tempo. Vero Dio e vero Uomo, generato nell’eternità dalla stessa sostanza del Padre, nato nel tempo dalla Vergine Maria.
Questo è il mistero della fede cattolica: Gesù è il Verbo eterno di Dio che opera attraverso la sua natura umana.
Quale lo scopo di tutta questa opera della Trinità? Lo scopo è introdurre, alla creatura creata, nel grembo della Trinità, affinché questa creatura abbia, per tutta l’eternità, un rapporto personale d’amore con le Persone della Trinità.
Perciò la nostra religione, l’unica vera, è la religione dei misteri, i misteri dell’amore di Cristo Dio; i misteri di cui Dio Trino, che vuole avere la sua creatura con Lui per i secoli senza fine.
Prossimi a commemorare il Natalizio di Gesù, possiamo vedere con certa tristezza che, come diceva Santa Teresa di Gesù, “l’Amore non è amato”. Si preferisce, in uno brusco scambio, i maghi all’amore trinitario di Dio.
Oggi, tantissimi, hanno dimenticato Dio. Si può dire che Dio non c’entra niente con la vita quotidiana della stragrande maggioranza dei cittadini di tutti i paesi. È più attraente dedicarsi alla magia, confidare negli stregoni o, peggio ancora, pensare solo a lavorare e “sfruttare la vita”.
Al commemorare la sua venuta al mondo, che è la venuta di Lui, la luce, la verità, la pace, vediamo che c’è un immensa oscurità nei cuori degli uomini, lontani da Dio; non c’è verità, non c’è pace. C’è un immensa dimenticanza di Dio, che si è fatto Bambino per amore a noi. Per esempio, questo viene convalidato da statistiche fatte dal giornale “Leggo”, quel che viene distribuito nel metrò. Dice così nella sua edizione del lunedì 17 dicembre 2001[1]: “Altro che Babbo Natale. Cambiano i simboli della festa più amata ed attesa dagli italiani. E per i più piccoli questo anno il nuovo testimonial natalizio è Harry Potter, il maghetto che spopola in libreria, al cinema e in tv. Lo dichiarano sette bambini su dieci”.
Questa è l’immensa oscurità nella quale vive immerso il mondo di oggi: la oscurità di vivere lontani da Dio, che è luce.
Oggi come in Betlehem, c’è oscurità e freddo: il freddo dei cuori degli uomini senza Dio. Dio è l’amore, e se non c’è Dio nel cuore, c’è il freddo dell’egoismo, della violenza, dell’odio.
Oggi come in Betlehem, non c’è posto per il Bambino Dio: come non c’era posto negli alberghi per accogliere a Gesù che nasceva, così oggi non c’è posto nel cuore degli uomini, occupate da cose più importanti, come il lavoro, guadagnare i soldi, mangiare, festeggiare.
Oggi come in Betlehem, sono pochissimi coloro che si rendono conto che Gesù è nato a Betlehem, che Gesù Bambino è Dio e viene non soltanto a salvarci, ma a donarci il suo amore.
Oggi preferiscono Harry Potter, un film dove non si nomina Dio, dove l’odio ai nemici, le bugie, e l’apprezzo per la magia sono viste come cose buone e divertenti.
Ovviamente, voi e i bambini qui presenti preferiscono Gesù a Babbo Natale e a Harry Potter.
Facciamo del nostro cuore una grotta dove possa nascere il Dio Bambino.
Offriamoli il nostro povero cuore, per accoglierlo e lo facciamo per tutti quelli che lo rifiutano.


[1] Cfr. Daniela Cocchi, Leggo, Attualità, lunedì 17 dicembre 2001, 3.