miércoles, 17 de marzo de 2010

Adoriamo Gesù nascosto sotto quello che sembra di esser un po' di pane


“Gesù si ritirò a pregare”. Da Sacerdote Sommo ed Eterno, Gesù prega al Padre per gli uomini.
L’attività di Gesù gira in torno al suo sacerdozio, nel quale e mediante il quale il Verbo Incarnato trasmette agli uomini la vita divina ed offre a Dio le lodi dell’umanità: da un lato il Verbo, mediante la sua umanità, comunica la sua grazia, il suo potere divino –tramite il quale caccia via i demoni e guarisce gli ammalati- e d’altro lato, ancora tramite la sua umanità santissima, unita intimamente al Verbo, trasmette a Dio il culto supremo dovuto dalla creatura[1].
Da cattolici, abbiamo ricevuto una partecipazione al suo sacerdozio nel battesimo, perciò dobbiamo imitare il suo comportamento, in questo caso, pregare. Dobbiamo però essere molto attenti a non fare solo una mera imitazione esteriore e superficiale, giacché il fondamento della nostra imitazione di Cristo si trova nel carattere battesimale, il sigillo spirituale mediante il quale siamo stati fatti membra vive del suo Corpo Mistico[2]. In questa maniera, essendo incorporati al suo Corpo, riceviamo da Lui, che è il Capo, non solo la energia e la forza divina che ci fanno agire da membra, ma il fatto stesso di essere membra, parte reale del suo Corpo. Il fondamento della nostra imitazione di Cristo perciò è l’unione interiore, spirituale, organica, a Lui, ottenuta nel battesimo. Mediante il battesimo siamo stati fatti parte sua reale, ma questa unione, per diventare viva, richiede di essere vivificata dalla preghiera e dalla frequenza dei sacramenti, soprattutto la confessione e l’Eucaristia.
Siamo membra del suo Corpo, e siccome il Corpo agisce secondo il Capo, da membra del Corpo dobbiamo agire secondo il suo Capo. Se il Capo prega, deve anche pregare il Corpo, devono anche pregare le membra del Corpo, per ricevere il fiume di vita divina che dal suo Capo scaturisce.
Per questo la preghiera del cattolico non è un metodo psicologico mediante il quale raggiungiamo l’astrazione interiore[3]. La preghiera da membra vive di Cristo è un dono di Dio, connesso intimamente al dono della fede. Dio ci fa il dono della fede in Cristo e anche il dono della preghiera che ci mette in contatto reale con Lui. La preghiera, che è ricerca di Dio, quando raggiunge la sua cima più alta, più profonda ed elevata, si trasforma in contemplazione, vale a dire, celebrazione intima e gioiosa per il fatto di aver trovato Dio[4].
Come possiamo imitare il Cristo, nostro Capo, che prega? Dove contemplare Dio?
Ci sono tantissime forme di preghiere, tutte validissime, ma c’è una, principalissima, ed è la liturgia della Messa, perché mai come in questo sacrificio, Cristo Dio si fa Presente tra noi con tutta la sua maestà, il suo potere, il suo splendore ed il suo amore divino. Perciò la Messa mai deve essere vissuta dai membra del Corpo di Cristo come qualcosa che accade tutti i giorni, uno uguale all’altro. C’è sta la possibilità di viverla così, per la nostra debolezza umana, ma con l’aiuto dello Spirito Santo dobbiamo viverla come ciò che è: la nostra possibilità per contemplare Cristo Dio che si manifesta nell’Eucaristia.
La Messa è per noi il seno del Padre, Betlemme, il Calvario, la Risurrezione; è il luogo ed il momento della manifestazione, attraverso il sacramento dell’Eucaristia, del mistero pasquale di Gesù, è il momento dell’apparizione sua gloriosa, è il momento della nostra contemplazione ed adorazione di Lui, nascosto sotto ciò che sembra di essere un po’ di pane.

[1] Cfr. Matthias Josep Scheeben, Los misterios del cristianismo, Editorial Herder, Barcelona 1964, 618.
[2] Cfr. Scheeben, ibidem, 624.
[3] Cfr. Merton, T., Il Pane Vivo, Ediciones Garzanti, Roma 1958, 20.
[4] Cfr. Merton, ibidem.

martes, 2 de marzo de 2010

Immoliaci nella Messa insieme all’Agnello


Se la messa è il sacrificio di Cristo, nel quale Lui si immola come Vittima Innocente sotto i segni sacramentali, e il sacrificio dell’Uomo-Dio che viene offerto per ciascuno di noi in maniera personale, vale a dire, ciascuno di noi lo riceve come se fosse l’unico destinatario, quale deve essere la nostra attitudine nei confronti di questo dono di Gesù?
Il Magistero della Chiesa ci insegna come dobbiamo partecipare a questo sublime sacrificio dell’altare: “…i fedeli devono unirsi a questo sacrificio offrendosi se stessi come vittime”.
Vale a dire, la nostra disposizione deve essere quella di vittime, unite a Cristo Vittima Innocente. Uniti a Lui, con Lui e in Lui, per lo Spirito, come vittime immolate sull’altare, perché, se il nostro Capo si fa Presente e si offre sull’altare con la sua Anima in uno stato di immolazione, il medesimo stato che ebbe nella croce, noi, che siamo i membra del Suo Corpo, non possiamo fare un’altra cosa che offrirci con tutto il nostro essere, con tutta la nostra anima, con tutta la vita, insieme a Lui.
Dobbiamo lasciare il nostro essere, la nostra anima, lì, ai piedi dell’altare della croce, mediante una oblazione interiore, con la disposizione interiore, psicologica e spirituale, di realizzare il dono di noi stessi nel sacrificio eucaristico, a imitazione di Cristo. Se noi non abbiamo questa disposizione interiore, quella di unirci con tutto l’essere al sacrificio che Cristo realizza adesso sulla croce, se noi non abbiamo l’intenzione di unirci al sacrificio di Gesù sulla croce, la nostra oblazione è solo esteriore, vuota di contenuto, farisaica. Dobbiamo unirci al sacrificio eucaristico di Gesù affinché il fuoco dello Spirito Santo, che brucia il pane trasformandolo nella carne dell’Agnello, bruci tutto ciò che è in noi e che non è gradito a Dio.
La nostra anima deve avere lo stesso stato d’animo dell’Anima di Gesù sulla croce, perciò dobbiamo sforzarci per essere come Lui, ed imitare ed acquistare le sue virtù, la sua carità, la sua mitezza, la sua umiltà, la sua pietà, la sua bontà per tutti.
Perciò nella Messa, dove si rinnova la sua morte in croce, dobbiamo essere immolati con Lui, per essere presentati, con Lui e in Lui, come unico sacrificio gradevole, davanti agli occhi di Dio.