lunes, 13 de junio de 2011

Pentecoste



Nella sua vita terrena, da Uomo-Dio, Gesù Cristo fece tantissimi miracoli –risuscitare i morti, moltiplicare i pani e i pesci, dare la vista ai ciechi-, tutti meravigliosi, che dimostravano la verità delle sue parole. Egli ci si presentava da Figlio Eterno del Padre, da Dio nascosto sotto le veste dell’umanità, e i suoi miracoli dimostravano che ciò che Lui diceva era vero, perché solo un Uomo-Dio ne poteva fargli.

Nonostante questi miracoli siano già passati, Gesù Cristo, che regna eternamente nei cieli, illuminando gli spiriti beati con la luce della sua divinità[1], siccome è anche Presente col suo Spirito nella sua Chiesa, li continua a fargli. Senza che noi uomini ce ne rendiamo conto, Lui, in mezzo alla sua Chiesa, invisibile ma Presente, ininterrottamente, tutti i giorni, fino alla fine dei tempi –“Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20)-, realizza ancora questi miracoli, ma realizza inanzittutto un miracolo specialissimo, un miracolo ancora più grande di tutti questi che faceva nella sua vita terrena. Possiamo dire che questo miracolo, che Gesù realizza per la sua Chiesa tutti i giorni, rende gli altri miracoli –risuscitare i morti, guarire gli ammalati, dare la vista ai ciechi- quasi insignificanti[2]. È un miracolo così grande e meraviglioso, che, paragonato con esso, gli altri miracoli sembrano quasi nulla.

Questo miracolo così straordinario, che passa inavvertito per noi, è il miracolo della comunicazione, attraverso i sacramenti, della grazia santificante, della sua vita divina; un miracolo che trasforma la nostra anima nel cielo dove Lui, col suo Padre ed il suo Spirito, inabitano. Chiunque riceve la grazia –chiunque riceve l’autore della grazia, Gesù Cristo, nell’Eucaristia-, riceve conseguentemente il Dio Trino nell’anima[3], vede la sua anima trasformata in una dimora della Trinità.

Ecco il meraviglioso potere della grazia divina, il meraviglioso miracolo dell’Eucaristia, che trasforma lo stallo della nostra anima in un luogo degno della dimora di Dio, e così degno, che le Persone della Trinità non dubitano nel scendere all’anima in grazia.

Chiunque riceve da Gesù Cristo, che agisce invisibile nella sua Chiesa, il miracolo della grazia santificante, il miracolo della vita di Dio nell’anima, riceve la Presenza delle Persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che iniziano ad inabitare in essa come se fosse lo stesso cielo[4]. Per questo gli altri miracoli sono quasi insignificanti: perché fa sì che le Persone della Trinità scendano sulla nostra anima e la nostra anima viene in questa maniera trasformata nella dimora della Trinità, inabitata dalle Persone della Trinità.

Perciò Sant’Agostino dice che quando noi preghiamo il Padre Nostro, e diciamo: “Padre nostro che sei nei cieli”, i cieli significano le nostre anime, trasformate nel cielo di Dio, nella dimora della Trinità, dove lo stesso Dio Unitrino viene a vivere. L’anima in grazia viene non solo paragonata, ma trasformata realmente nel cielo stesso dove brilla il Sole Divino della Trinità; in un cielo dove splendono non le stelle materiali, ma le Persone della Trinità; viene trasformata nell’Arca della Nuova ed Eterna Alleanza; nell’altare della Divinità[5].

Noi diventiamo il cielo di Dio, il tempio divino della Trinità, ogni qualvolta riceviamo l’Eucaristia, perché lì ci viene comunicata non solo la vita di Dio, ma lo stesso Dio Vivente, Gesù Cristo, e con Gesù Cristo ci vengono il Padre ed il Figlio, perché tutte e tre le persone divine sono, per l’unità della loro essenza e del loro essere, un solo Dio.

Quando riceviamo il Gesù Eucaristico, riceviamo pure le Persone del Padre e dello Spirito Santo, perché tutte e tre le persone della Trinità sono indissolubilmente unite tra loro, e dove c’è una, ci sono le altre due, e siccome nell’Eucaristia c’è la Persona del Dio Gesù Cristo, dunque ci sono anche nell’Eucaristia il Padre e lo Spirito Santo, perché, inseparabilmente unito a Gesù, c’è il Padre, ed inseparabilmente unito al Padre ed al Figlio, c’è lo Spirito Santo. Perciò, mangiando il Corpo di Cristo, bevendo il Sangue di Cristo, riceviamo il Dio Gesù Cristo, e insieme a Lui, riceviamo il Dio Padre ed il Dio Spirito. Mangiando l’Eucaristia, la Santissima Trinità viene e fa dimora nei nostri cuori.

Se noi però ci meravigliamo, ci ammiriamo e ci stupiamo quando contempliamo, con gli occhi dell’anima illuminati dallo Spirito Santo- i meravigliosi miracoli realizzati dall’Uomo-Dio narrati dai Vangeli, come mai non meravigliarci, non ammirarci, non stupirci, quando contempliamo il miracolo di Gesù di trasformare la nostra anima per la grazia nel cielo stesso dove vivono le Persone della Trinità, dove le Persone della Trinità non solo vivono in noi, non solo fanno dei nostri cuori la sua dimora, ma dove iniziano ad avere con noi un intimo rapporto di amicizia, una intima comunione di vita, così intima e profonda, da avere noi con loro in comune conversazioni, occupazioni, sentimenti, desideri, interessi e misteri[6].

“Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo, sono nella mia Chiesa, e sono nell’Eucaristia per dimorare ed essere nei vostri cuori, e da lì comunicarvi l’Amore Mio e del Mio Padre, lo Spirito Santo. Io sono con voi per fare di voi uno solo con noi Tre per mezzo dello Spirito d’Amore”. È questo il dono meraviglioso ricevuto nel giorno di Pentecoste: lo Spirito Santo, l’Amore di Dio, il che ci fa essere uno col Padre ed il Figlio.

Siamo immersi nell’Amore del Padre e del Figlio, ed è questa Allegra Novella ciò che noi dobbiamo insegnare al nostro prossimo (cfr. Mt 28, 20).



[1] Cfr. Odo Casel, Il mistero del culto cristiano, …

[2] Cfr. Matthias Joseph Scheeben, The glories of divine grace, TAN Books Publishers, Illinois 2000, 80.

[3] Cfr. Matthias Joseph Scheeben, The glories of divine grace, TAN Books Publishers, Illinois 2000, 79.

[4] Cfr. Scheeben, The glories, 79.

[5] Cfr. Scheeben, The glories, 82.

[6] Cfr. Scheeben, The glories, 80.

sábado, 4 de junio de 2011

Ascensione del Signore

Il Cristo asceso al cielo
é lo stesso Cristo
che é vivo e risorto
nell'Eucaristia.


Gesù risorto ascende al cielo con la sua umanità glorificata, inabitata dallo Spirito Santo, compiendo in questa Ascensione l’ultimo e definitivo atto del suo sacrificio redentore, mediante il quale glorifica eternamente Dio. Il Figlio Eterno del Padre era entrato nel mondo per farla nuova, per assumere la natura umana ed elevarla alla gloria di Dio, per farla partecipe della vita e della gioia della Trinità. Il Verbo di Dio si era incarnato in una natura umana per compiere come Uomo-Dio la sua Passione e adesso, compiuta la sua Pasqua, l’Uomo-Dio Gesù Cristo ascende, con la sua umanità glorificata, al cielo, il seno della Trinità, dove adesso eternamente glorifica Dio Trino.

Come nell’Incarnazione, anche nell’Ascensione di Cristo le due nature, divina e umana, sono unite: nell’Incarnazione, nel seno della Vergine Maria; nell’Ascensione, nel seno della Trinità, perché Dio e l’uomo vi sono ambedue presenti nell’unica persona dell’Uomo-Dio, Dio e la creatura uniti nell’ipostasi, nella Persona del Verbo[1]. La differenza con l’Incarnazione è che adesso, nell’Ascensione, il suo Corpo, la sua Umanità, è stata vivificata e glorificata dallo Spirito Divino; il suo Corpo è ripieno dello Spirito Santo, e gode eternamente della gioia della Trinità. Vive eternamente in cielo in compagnia delle Persone della Trinità.

Ma l’Ascensione in cielo, al seno della Trinità, del Cristo col suo Corpo reale, con la sua Umanità reale, ha come scopo ultimo e definitivo portare in cielo, al seno della Trinità, tutta l’umanità, tutti gli uomini, tutti noi. Per questo invia a predicare il vangelo “ad ogni creatura” (Mc 16, 15), affinché gli uomini, credendo in Cristo come il Messia, Dio tra noi, si uniscano a Lui, si inseriscano al suo Corpo Mistico, la Chiesa, per il battesimo e, inseriti e uniti in Lui come membra del suo Corpo, siano partecipi alla sua stessa vita, alla sua Passione, Resurrezione e Ascensione. “Tutto ciò che questa umanità racchiude deve passare in noi”[2], dicono i Padri della Chiesa. Vale a dire, tutto ciò che Cristo con il suo Corpo reale ha passato, la sua Pasqua, deve passarlo ancora col suo Corpo Mistico, i battezzati, noi. Perciò, sebbene il Cristo col suo Corpo reale è asceso in cielo, gli manca ancora ascendere col suo Corpo Mistico; Lui deve ancora completare la sua opera di redenzione mediante il suo Corpo Mistico, la Chiesa, sparso su tutta la terra. L’opera sua non è terminata, fin quando non ci ha trasfigurato in Lui[3]. Ed è questo il nostro compito in questa vita, essere come Lui, essere in Lui, subire con Lui la Passione, morire in croce in Lui e per Lui, per ascendere con Lui al seno della Trinità e glorificare ed adorare eternamente Dio Trino.

Noi ci uniamo a Lui, che è asceso al cielo, che regna eternamente nei cieli, attraverso la liturgia: per la liturgia, riproduciamo la vita terrestre del Cristo con tutti i suoi avvenimenti –oggi, l’Ascensione- ma non solo a titolo di semplice ricordo, ma realmente[4]. Ogni volta che celebriamo liturgicamente l’Ascensione del Signore, ci si attualizza il giorno dell’Ascensione, in maniera tale che la celebrazione è per noi equivalente ad essere stati presenti, di persona, in quel giorno. Perciò per noi la Messa è per noi come partecipare alla sua Ascensione al cielo, è come vedere, nella fede, il Signore che ascende, è ascoltare il Cristo che ci comanda di “predicare il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15). Cristo è asceso al cielo col suo Corpo glorioso e col suo Corpo glorioso è adesso nel cielo. Ma il suo Corpo glorioso è l’Eucaristia, perciò l’Eucaristia è per noi qualche cosa di più grande del cielo, è il Cristo Asceso. Dal cielo dell’Eucaristia, il Cristo Asceso ci comanda di predicare il Vangelo al nostro prossimo.


[1] Cfr. Ivan Kologrivof, Il Verbo di Vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1956, 121.

[2] Thes. de S. et Cons. trin. Ass. XXIV. PG 75, 333. Cit en Ivan Kologrivof, Il Verbo di Vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1956, 116.

[3] Cfr. Ivan Kologrivof, Il Verbo di Vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1956, 116.

[4] Cfr. Ivan Kologrivof, Il Verbo di Vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1956, 117.