viernes, 12 de noviembre de 2010

L'Uomo Dio fu embrione


Dal fenomeno al fondamento. Per una fondazione metafisica dell’embrione come persona umana.

Secondo il Papa Giovanni Paolo II, oggi bisogna andare “dal fenomeno al fondamento”[1]. Qual è il fondamento metafisico della persona umana? L’ipotesi è che c’è qualche elemento metafisico costitutivo che stabilisce alla persona in uno statuto ontologicamente superiore a qualsiasi altro ente visibile presente all’esperienza umana dal primo momento del suo concepimento. Procediamo secondo tre passi e una conclusione: I. Partendo dall’ente fenomenico, considerare l’oggetto formale dell’ente secondo la metafisica: l’essere. II. Considerare dopo il costitutivo ontologico del concreto sussistente: composizione del ens-essenza-esse. III. L’actus essendi come ultima perfezione ontologica dell’ente concreto sussistente. Conclusione: l’essere partecipato come actus essendi, è il fondamento della sussistenza e della dignità dell’embrione unicellulare come persona umana.

I. L’oggetto a considerare è un ente[2] -forma che ha l’esse in atto e co-significa l’esse in quanto tale[3]-, al cui dal punto di vista fenomenologico chiamiamo embrione umano (nello stadio unicellulare[4]), costituito da materiale genetico ricombinato dalle cellule precedenti. L’analisi del cariotipo[5] -secondo il metodo descrittivo della scienza esperimentale medico-biologica- dimostra che possiede molecole di ADN specifiche della specie umana e che si trova in movimento[6] verso un fine prefisso[7], che possiede vita[8] biologica, e che acquisisce la sua forma finale conservando l’unità sostanziale in tutto il processo[9]. La scienza medica però non può intravedere un plus ultra e perciò bisogna passare al momento trascendentale della ricerca e considerare l’oggetto formale della metafisica, l’essere, cioè, “l’essere in quanto essere (ens in quantum ens) o la nozione comunissima di essere o essere comune (ens comune)”[10]. Qual è l’esse che co-significa l’ente? Non si tratta del “fatto di esistere (esse in actu) in un individuo... se non l’atto di essere, quel principio attuante attraverso il cui la natura o essenza è questa o quell’altra, di questo o quell’altro essere”[11]. L’oggetto formale metafisico non può mai essere l’essenza, perché “l’essere è sopra di essa e la domina”, e anche perché “l’essenza si chiama cosi ed è essenza soltanto dal momento che sostiene e manifesta l’esse”[12].

II. Dello già detto possiamo intravedere il costitutivo ontologico di quest’ente (embrione unicellulare umano): la struttura fondamentale (trascendentale) del sussistente finito è quella di composizione tra essenza ed esse: in questa composizione, l’essenza attua come il principio potenziale e recettivo dell’atto d’essere[13]. Sebbene limitato e finito, quest’ens così composto è stato il punto di partenza del nostro pensiero e della nostra ricerca perché ha una importanza radicale per la vita dello spirito: è “l’ens il primum cognitum, non soltanto in senso reale, come il primo oggetto con cui si trova la coscienza, se non come primum trascendentale, cioè, come quello che costituisce il principio fondante e illuminante di tutt’altra conoscenza”[14]. E’ l’ens quello che cade come primo oggetto conosciuto dalla coscienza e che mette in movimento il pensiero, secondo San Tommaso[15]. E anche l’ente è primo che i primi principi[16]. Cioè, l’ente, “per San Tommaso non è soltanto il primum cognitum in quanto conoscibile ma il primum faciens conoscere[17], e questa priorità nella vita dello spirito l’avviene all’ens dovuto al fatto che quest’ens è composto da esse-essenza[18]. Se non ci fosse l’ente, non avesse inizio del pensiero, e l’anima rimangerebbe come la “tabula rasa”[19], di Aristotele. Invece di fronte all’ente, la mente si attualizza e rimane sempre aperta all’infinito accadere della realtà del mondo, e di questa sale all’Esse Impartecipato[20]. E’ il plesso ens-essenza-esse ciò che si trova all’inizio del movimento dell’intelletto e dunque della volontà e dell’agire umano: “il presentarsi dell’ens è l’alzarsi della coscienza e il suo mettersi in atto, ed è il principio della stessa coscienza”[21]. L’ens c’è l’ha quest’importanza nella vita dello spirito dovuto al fatto che c’è qualcosa nella sua composizione che non s’identifica, come abbiamo già detto, né con l’essenza né con l’esistenza. Se fosse essenza, mai potrebbe attualizzare la coscienza, perché è l’essenza quella che si fonda nell’essere e non al contrario. L’essenza è soltanto una modalità o partecipazione dell’essere; è soltanto un contenuto o una possibilità ma non una realtà e perciò bisogna essere attualizzata, attuata[22]. L’esse attualizzante dell’ens non si identifica neanche col “presentarsi del presente” nel spazio e nel tempo, perché in questo caso l’esse non è mai atto fondatore ma funzione del spazio e del tempo; neanche con la coscienza in atto, perché questo porta a fondare l’essere nel nulla[23]. Neanche s’identifica con l’esistenza (esse in actu): l’esistenza è soltanto la manifestazione temporo-spaziale dell’ens, un effetto del cui non si può fare scienza; è fondata e non fondante, e perciò “l’inteligibilitá di tutto ens[24] si fonda nella sintesi intrinseca de essentia ed esse ma non nella sintesi estrinseca di essentia-essistenzia[25]. Non è l’essenza, non è l’esistenza. L’attualizzazione dell’essenza che ha com’effetto l’esistenza è opera dell’esse ut actus, l’actus essendi, o esse intensivo, perfezione ultima che attualizza e mette nella realtà concreta qualsiasi perfezione formale. Si tratta dell’emergenza dell’esse come actus essendi, cioè, come principio attualizzante dell’essenza dell’ens; è quest’esse dell’ens che mette in movimento il pensiero. L’arrivo alla nozione di esse intensivo -nozione basilare e vertice della speculazione metafisica tomistica- la fa San Tommaso attraverso due passi: la “riduzione formale” mediante la nozione di partecipazione, di tutte le perfezioni all’esse, in quanto sono dette “partecipanti” alla perfezione suprema ch’è l’esse; la “riduzione reale”, mediante la coppia aristotélica di atto e potenza, di tutte le perfezione a “potenza” rispetto all’esse ch’è l’atto per eccellenza. Questa riduzione non rappresenta soltanto il momento della “mutua assimilazione” e penetrazione nel Tomismo del principio platonico e di quello aristotelico[26], ma la superazione di ambedue sistemi in una conquista metafisica esclusiva e insuperabile di San Tommaso. Quale sono le caratteristiche di quest’esse? Secondo l’analisi del padre Fabro, l’esse intensivo ha dei seguente caratteristiche: è l’atto primo ed ultimo[27]; è l’atto in sé più perfetto e più formale[28]; è l’atto piú intimo[29] e profondo[30]. Lo detto precedentemente vuol dire che è soltanto attraverso l’“esse intensivo” –esse come actus essendi- che tutte le perfezioni dell’ens sono fondate, attualizzate e concretizzate, cioè, sono messi nella realtà, hanno la loro concretezza e sussistenza. In altre parole, è soltanto attraverso l’actus essendi come si manifesta nella realtà il plesso ens-essenzia-esse e anche come l’ens finito si presenta nella sua intelligibilità. Inoltre favorire l’actus essendi la concretezza e l’intelligibiltà dell’ens, rimanda al pensiero –perché non ha in se stesso tutte le perfezione- inevitabilmente all’Esse per essentiam, e questo attraverso le nozione di partecipazione[31] e di causalità[32] e della perfezione ultima separata[33]. La risoluzione tomista dell’esse come atto intensivo permette inoltre di stabilire la distinzione reale di essenza ed esse nel concreto sussistente -distinzione fondante della “non divinità della creatura”[34]- e l’identificazione di essenza ed esse in Dio. Vale a dire, stabilisce la “natura metafisica” di Dio come esse puro (esse per essentiam, esse imparticipatum) e la “natura metafisica” della creatura come ens (esse per participationem)[35]creaturale (diremption o “caduta ontologica”). L’ultima distinzione tra creatura e Creatore fatta sulla base della composizione esse ut actus-essenzia, è di estrema importanza per evitare il riduzionismo della filosofia immanentista che identifica l’esse con la coscienza –il Vorgriff di Karl Rahner o preconcetto, che precede all’ens in atto[36]-, facendo così impossibile l’uscita del proprio pensiero e perciò fondando tutto l’essere nel nulla. Tutt’altro succede invece con l’ens tomista: “Così, grazie alla funzione di fondamento dell’ens-esse, l’ens si presenta come la primiera nozione, l’esse come il primo atto, il principio di contraddizione come il primo principio e Dio come l’Esse Ipsum, come il primo principio e la Prima Causa”[37]. Anche come l’analogato[38] principale dal quale partecipano assolutamente tutti gli esseri che sono.

III. L’ente (zigote unicellulare) fondato dall’actus essendi nell’ordine trascendentale, è chiamato “sostanza” nell’ordine predicamentale perché sostanza significa suppositum o soggetto concreto sussistente. Per San Tommaso il costitutivo reale del suppositum o sostanza –che nell’uomo è composta da materia e forma-, la quale implica essenza determinata e sussistente come attualità ultima nell’ordine dell’essere[39], è l’esse. In altre parole, la sostanza è sostanza concreta reale soltanto dal momento che viene attualizzata dall’actus substantiae[40]: è per l’actus essendi –suprema realtà ontologica concreta, della cui concretezza e realtà partecipano tutte le altre perfezione- che il suppositum è individuo, sussistente e incomunicabile. La sostanza sussiste per il suo esse sostanziale ed è grazie a egli che sussiste tutto ció che sopraviene alla sostanza e che la completa o determina ulteriormente.Così, quest’ente (zigote) è “quest’uomo”, e “quest’uomo possiede effettivamente atto di essere col quale questa natura umana sussiste realmente ed è soggetto dei propri atti, cioè, è persona”[41]. Quest’ente sostanziale attualizzato dall’actus essendi appartiene alla specie umana secondo la genetica, e dunque gli appartiene la definizione filosofica di “persona” che si applica ad ogni individuo della specie umana –come un individuo umano non sarebbe una persona umana?[42]. Questa definizione è nome di dignità perché indica il suppositum della natura ragionevole ed spirituale[43], secondo la definizione di Boecio[44]: “Sostanza individuale di natura ragionevole”. E’ nome di dignità perché è incomunicabile, è sostanza primiera[45] –non sostanza seconda o concetto astratto, è sussistente, e perciò è compieta- e che possiede uno spirito capace di pensare e di volere. Questo nome espressa grandezza e dignità anche secondo San Tommaso: “persona significa ciò di più perfetto che c’è nella natura, cioè, l’essere sussistente nella natura ragionevole”[46]. La grandezza e dignità sono dovute alla superiorità della natura –ragionevole- e al suo modo di essere –sussistente: “Persona significa certa natura con certo modo di esistere. La natura della persona, è la più degna di tutte le nature… Anche la maniera di esistere è degnissimo, perché significa qualcosa che è esistente per se”[47]. La persona comparte la dignità che le avviene dalla sussistenza, con altre sostanze non ragionevole, ma è assolutamente trascendente dovuta a la sua natura ragionevole, perciò del concetto di persona “si escludono i corpi inanimati, le piante y i bruti , che non sono persone”[48]. In altre parole, la persona è degna perché è ragionevole, ma c’è un’altra dignità maggiore –nel senso che la fa possibile- nella costituzione ontologica della persona: questi concetti –natura ragionevole, sostanza, ecc.,- dicono dignità, ma siccome si riferiscono all’ordine predicamentale, quest’ordine non sarebbe più che forme –e perciò sarebbero soltanto essenze, contenute non attuati, essenze vuote senza concretezza- se non fosse fondato da una perfezione ontologica ultima, attualizzante di tutt’altra perfezione. Quest’ultimo passo nella costituzione reale del concreto sussistente lo fa l’esse ut actus, che nell’ordine trascendentale è come abbiamo visto l’atto più intimo e profondo. E quest’ultimo è la dignità maggiore e suprema, perché grazie all’actus essendi le perfezione sono concretizzate, le formalità sono attuate, gli atti sono messi nel concreto. L’esse ut actus rappresenta il vertice delle perfezione, l’atto trascendentale attraverso il cui il concreto sussiste nella realtà con tutte le sue perfezione; l’atto ultimo senza il cui il concreto non è nella realtà, rimanendo soltanto essenza senza attuazione. D’altro canto, l’esse ut actus mette nella realtà al concreto sussistente, e così questo soggeto interagisce con gli altri ipostasi; ma c’è un’altra conseguenza della sua creazione, prima se si può dire. Infatti, la creazione dell’actus essendi fa che il concreto sussistente stabilisca una relazione reale e accidentale con la Prima Causa: infatti, si tratta di un esse relazionale[49] che accanto alla sua creazione come esse finito e partecipato, le viene con-creata anche la sua relazione[50] con la Causa Prima, l’Ipsum Esse, che è Quel che li ha messo nell’esse. Questa relazione di ordine metafisico se bene è un accidente nell’esse creato, viene con-creata[51] e fonda tutte le relazioni di ordine fenomenologico-esistenziale e antropologico-biologico. Considerando lo zigote com’ente, possiamo vedere che cronologicamente, lo zigote comincia immediatamente ad operare in modo autonomo secondo i dati genetici[52], stabilendo relazioni di scambio biochimico con l’ambiente materno; anni dopo lo stesso uomo, nella riflessione, si scoprirà come l’io autocosciente che se relaziona con se stesso e con Cristo, Dio entrato nella storia[53], inoltre di stabilire relazioni interpersonali con gli altri esseri di natura ragionevole. Ma è la relazione di ordine metafisico, che stabilisce l’esse creato con il suo Esse Creatore sin dal primo momento –cioè, sin dall’unione della materia e della forma-, quella che fa possibile e fondamenta le relazione di ordine biochimico e dopo spirituali. I dati genetici (operazione autonoma del nucleo zigotico e perciò stabilimento immediato di relazioni di intercambio col mezzo materno) e i dati fenomenologici (il nuovo individuo geneticamente distinto alle cellule progenitore precedenti si trova nell’organismo materno –tube di Fallopio- e interagisce con egli), s’intrecciano col dato metafisico (il nuovo esse creato possiede una relazione con-creata che li proporziona costituzionalmente una tendenza relazionale reale verso l’Esse Increato). Ancora più, è l’esse creaturale ad avere una priorità “ontologica e reale sulla creazione stessa -cioè, sulla relazione-, anche la relazione ha un primato se si considera il fondamento della relazione, la dipendenza causale della creatura”[54]. Perciò non hanno fondamento –nè di orndine metafisico nè di ordine biologico nè di ordine spirituale- le teorie che sostengono l’animazione ritardata –basate sul pretesso inizio ritardo dell’operazione autonome del DNA zigotico-, e lo stabilimento di relazione tra zigote-organismo materno soltanto e a partire dall’impianto nella mucosa uterina, orbene le teorie che sostengono che l’embrione è potenzialità di uomo e non uomo in potenza (attiva).

Conclusione: La dottrina di San Tommaso dell’actus essendi, permette affermare che metafisicamente l’essere umano è persona sin dal momento del concepimento –zigote o embrione unicellulare-, e che quindi la dignità della persona non dipende dal codice di diritto, né del pensiero, ma è una qualità ontologica suprema, intangibile e perenne. Chi è persona è persona dal primo istante e per sempre[55], perché l’esse ut actus la stabilisce nella sua realtà ontologica in maniera immutabile, rimanendo in questo statuto ontologico sin dal suo inizio temporale fino all’eternità. La fondazione metafisica della persona attraverso l’actus essendi, permette di superare la artificiosa dissociazione tra antropologia e biologia operata nelle teorie che sostengono che l’embrione sarebbe diverso secondo le tappe considerate[56]. L’embrione è persona umana sin dal momento della concezione perché con l’esse ut actus niente di più li manca alla sua perfezione ontologica, giacché è perfetto nel livello più profondo della realtà, il livello metafisico, livello che fonda, sostiene e spiega i livelli antropologici e biologici. Il fenomeno biologico-antropologico (ente-zigote) si sottende dal fondamento metafisico (actus essendi). Di tutte le perfezione che possiede l’uomo-embrione unicellulare-: la materia, la forma sostanziale (l’anima) e le forme accidentali, è l’atto d’essere (actus essendi) la perfezione massima, la perfectio omnium perfectionum e l’actualitas omnium actuum, ed è ciò che conferisce attualità alla sostanza e a tutte le sue determinazioni e la dignità infinita a tutti gli che si ornano del titolo di persona, sia si tratti di Dio, degli angeli o dell’uomo[57]. D’altro canto, la concezione di “persona” fondata nell’actus essendi si trova nell’antipode della concezione della filosofia moderna, che intenta “concepire l’essere come tempo ed il tempo come essere”[58], il cui porta alla fondazione dell’essere nel nulla e a “crollare la teologia tomista fondata sulla trascendenza metafisica”[59], e porta anche a “impedire parlare di persona in Dio –neanche analogicamente– (Hegel, Fichte, Heidegger), a concepire la persona come idealizzazione immaginaria (Stuart Mill), o come un’estrapolazione illecita del sentimento soggettivo (Bradley)”[60], o come il soggetto capace di esprimersi orale ed esplicitamente[61]. Per il contrario, la dignità ontologica stabilita dall’actus essendi impedisce fin dall’inizio della sua esistenza che la persona sia mal intessa in questi sensi. La persona umana è infinitamente degna perché avendo un corpo materiale, partecipa anche del mondo dello spirito attraverso la sua anima intellettiva[62], trovandosi nella confluenza del tempo e dell’eternità[63], tendendo sempre all’Esse Subsistens di cui e immagine, perchè è capax Dei[64], essendo l’unica che dice ordine immediato a Dio[65] e riassumendo in sé tutto l’universo: “La persona…è la sintesi ed il riassunto di tutto l’ordine metafisico”[66]. Solo essa, libera per la sua apertura infinita all’essere “può essere veramente oggetto d’amore nel senso pieno della parola, cioè, d’amore di amicizia (S. Theol., I, 54, 2)”[67], e non può mai essere considerata come semplice parte di un tutto[68], e solo a essa l’appartiene costituzionalmente la ricerca libera di Dio[69]. Ma tutta questa dignità si fa realtà soltanto dal momento che l’actus essendi attua la essenza “natura ragionevole” mettendola nella realtà come concreto sussistente, stabilendola nella sua perfezione ontologica d’essere umano. L’embrione unicellulare di cui siamo partiti non ha esercitato anche questa sua potenza attiva, ma dal momento che è un individuo umano, un essere umano, ha il diritto di farlo -trascorreranno lunghi anni prima di farlo- perché è stato stabilito in modo reale, concreto e immutabile nella sua dignità ontologica dall’esse ut actus. È già dunque persona umana in atto –che possiede una vita umana che è sacra perché dono prezioso di Dio[70]- perché è stata attualizzata la sua essenza umana dall’actus essendi creato[71] e partecipato dall’Ipsum Esse Subsistens, Dio.


Bibliografia.

1. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, sul valore e l’inviolabilità della vita umana, 25/03/1995.

2. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Fides et Ratio, su le relazioni tra fede et ragione, 14/09/98.

3. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Vitae.

4. Cornelio Fabro, Curso de Metafìsica, Ediciones de la Facultad de Teología de la Pontificia Universidad Católica Argentina, Buenos Aires 1951.

5. Cornelio Fabro, Drama del hombre y misterio de Dios, Ediciones Rialp, Madrid 1977.

6. Cornelio Fabro, Tomismo e Pensiero moderno, Libreria Editrice della Pontificia Università Lateranense, Roma 1969.

7. Cornelio Fabro, La aventura de la teologìa progresista, EUNSA Pamplona .

8. Cornelio Fabro, La svolta antropologica di Karl Rahner, Rusconi Editore, Milano 1974.

9. Cornelio Fabro, Introduzione all’ateismo moderno, cap. VII, Cremona 1969.

10. Farreras Valentí, E. Rozman, Medicina Interna, Ediciones Harcourt, Madrid14 2000.

11. Joseph de Finance, S. J., Conoscenza dell’Essere. Trattato di Ontologia, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma2 1998.

12. Battista Mondini, Dizionario Enciclopedico del pensiero di San Tommaso d’Aquino, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1991.

13. Ramón Lucas Lucas, Lo statuto ontologico dell’embrione umano, in AA. VV., Identità e statuto dell’embrione umano, Pontificia Academia Pro Vita, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1998.

14. Roberto Colombo, Relazione svolta a nome della Missione Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa al Convegno su “Medically Assisted Procreation and the Protection of the Human Embryo”, organizzato dal Comitè Directeur de Bioèthique (CDBI) a Strasburgo, 16-18.12.1996.

15. San Tommaso d’Aquino, De Questione Diputate, Edizione Studio Domenicano, Bologna 1992.

16. San Tommaso d’Aquino, Suma contra los Gentiles, Biblioteca de Autores cristianos, Madrid 1967.

17. San Tommaso d’Aquino, Summa Teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1984.

18. Rivìsta Diálogo, Año 3, 14, Ediciones del Verbo Encarnado, San Rafael, Argentina 1996.



[1] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Fides et Ratio, su le relazioni tra fede et ragione, 83; cfr. S. Tommaso, De Ver. I, 1.

[2] “Ente non e un’altra cosa che id quod est. La cosa se significa dal “quod”, e l’esse dal “est”. Così, questa parola ente significa principalmente l’essere -come la cosa che ha esse-, ed in obliquo significa alcun esse. La composizione, però, contenuta nell’”est”, non si significa principalmente, se non si co-significa, in quanto che se significa la cosa che ha l’esse”. In I Periher., lect.5, n.20. Significa la cosa che ha atto di essere.

[3] Cornelio Fabro, Curso de Metafìsica, Ediciones de la Facultad de Teología de la Pontificia Universidad Católica Argentina, Buenos Aires 1951, 162.

[4] Se bene ovviamente non c’è un’espressione fenomenologica della persona nel senso abituale del termino, intendiamo questo sia la sua “corporeità” nel senso dell’Istruzione Donum Vitae. Cfr. Intr., 3.

[5] “L’insieme dei cromosomi umani o cariotipo, è costituito da 22 paia d’autosomas e un pari di gonosomas (XX, donne; XY, uomini). Il cariotipo umano si classifica secondo la loro dimensione e la forma dei cromosomi nei gruppi A-G, dandogli a ognuno un numero, cosi come alla loro banda e sottobande di tingere, per esempio 9q34.12. Si classificano anche come metacentrici, acrocentrici e sottometacentrici”. Valentì Farreras, E. Rozman, Medicina Interna, Ediciones Harcourt, Madrid14, 2000, sec. 9 Genética Medica, cap.166, Bases moleculares de la herencia. Genes y enfermedad. Cromosomas

[6] Secondo Aristotele: “L’atto di andare della potenza (dynamis) all’atto (enèrgeia) si chiama kynesis”. In Phys, 1, 201, a, 10.

[7] Cfr. San Tommaso, C.G., I, c. 1: “...veritatem esse ultimum finem totius universi”.

[8] Esseri che si muovono a se stessi. Cfr. S. Theol., I, 18, a. 2; In De Causis, prop. 18.

[9] Cfr. Roberto Colombo, La natura e lo statuto dell’embrione umano, Relazione presso il Consiglio d’Europa, 16-18 12.1996.

[10] Cornelio Fabro, Curso de Metafìsica, ed. cit., 19.

[11] Ibidem, pag. 29.

[12] Ibidem, pag. 29.

[13] “…ens sumitur ab actu essendi sed nomen rei exprimit quidditatem vel essentiam entis” (“ente” viene preso dall’atto di essere mentre “cosa” esprime la quiddità o l’essenza dell’ente). Quaest., q. 1, a. 1, sol.

[14] Cornelio Fabro, Drama del hombre y misterio de Dios, Ediciones Rialp, Madrid 1977, 587.

[15] “Primum quod cadit in imaginatione intellectus est ens, sine quo nihil potest apprehendit ab intellectu”. San Tommaso, In I Sent., d. 8, q. I, a. 3.

[16] “...quod primo intellectus concipit quasi notissimum et in quid conceptiones omnes resolvit est ens”. San Tommaso, De Ver. I, 1.

[17] Cornelio Fabro, Curso de Metafìsica, ed. cit., 30.

[18] Cfr. Cornelio Fabro, Drama del hombre y misterio de Dios, ed. cit., 590.

[19] Secondo Aristotele. Cfr. S.Theol. I, 77, 1, dove S. Tommaso spiega che l’intelletto umano si trova in potenza in rapporto agli intelligibili.

[20] Questo non accade in Kant –anche in Rahner e in Heidegger- dove l’essere, vincolato alle strutture di spazio e tempo, è sempre intrinsecamente finito. Cfr. Cornelio Fabro, Drama del hombre y misterio de Dios, ed. cit., 597, nota 54.

[21] Cornelio Fabro, ibidem, 591.

[22] Cfr. ibidem, 591.

[23] Come fa Heidegger Cfr. Ibidem, 593-594.

[24] I trascendentali: res, unum, verum y bonum. Cfr. San Tommaso, De Ver. I, 1.

[25] Cornelio Fabro, Drama del hombre y misterio de Dios, ed. cit., 592.

[26] Cornelio Fabro, Tomismo e Pensiero moderno, Librería Editrice della Pontificia Università Lateranense, Roma 1969, 108-109.

[27] In I Sent. d. 8, Exp. Text.: “Esse... est actus subsistentis” ; S. Theol., I, q3, a4 ; Ibid., q54, a1: “Esse est actualitas substantiae vel essentiae”; De anima, a6 ad2 ; Comp. Theol., c.11; Quodl. XII, qV, a5.

[28] In II Sent., d1, qI, a1; C. G. I, 23; S. Th, Ia, q4, a2; S. Th., I, q4, a1 ad 3: “...ipsum esse est actualitas omnium rerum et formarum”.

[29] In II Sent., d1, qI, a4; Pot. III, 7; S. Th., I, q8, a1; Quodl. XII, qV, a5: “…esse substantiale rei non est accidens sed actualitas cuiusque formae existentis, sive sine materia sive cum materia. Et quia esse est complementum omnium, inde est quod proprius effectus Dei est esse.

[30] Cornelio Fabro, Tomismo e Pensiero moderno, ed. cit., 110.

[31] “…quod est per participationem, causatus est per id quod est per essentiam, sicut omne ignitum causatur ab igne”: S. Theol., I, 65, 1; De Malo, q3, a3.

[32] “Quod est per essentiam tale, est proprie causa eius quod est per participationem”: C. G. 1. III, c. 66; C. G., 1. I, c. 41.

[33] Il principio della perfezione separata e unica (in Platone le idee, in Aristotele la vita perfetta di Dio), è “applicato da San Tommaso all’esse, che è così atto primo e ultimo degli enti... operando in questa maniera l’emergenza dell’Atto e l’unificazione degli enti che sono in atto nell’Atto puro assoluto ch’è precisamente l’esse subsistens, il quale si presenta come l’unico atto autónomo e la sola perfezione alla quale compete di essere “separata”. L’esempio: il calor (calor separatus: De ente et essentia, c5; In II Sent., d16, q1, a1, ad3; Ver 23, 7 ad 10; C. Gent., II, 52; S Th., Ia, q IV, a 2: “Deus est ipsum esse per se subsistens… si calor esset per se subsistens, non poste ei aliquid deese de virtute caloris. Unde cum Deus sit ipsum esse subsistens, nihil de perfectione essendi potest ei deese”). Cfr. P. Cornelio Fabro, Tomismo e Pensiero moderno, ed. cit., 126.

[34] Hans Urs von Balthasar, Teodrammatica, IV, 66

[35] Cornelio Fabro, Tomismo e Pensiero moderno, ed. cit., 108-109.

[36] Cfr. Cornelio Fabro, La svolta antropologica di Karl Rahner, Rusconi Editore, Milano 1974, 55.

[37] P. Cornelio Fabro, Drama del hombre y misterio de Dios, ed. cit., 589-590.

[38] S. Theol. I, 88, 2 ad 3. Analogia nel piano logico ma fondata nel piano metafisico reale.

[39] Cfr. Cornelio Fabro, Curso de Metafisica, ed. cit., 142-143.

[40] In I Sent. d. 8, Exp. Text.: “Esse... est actus subsistentis” ; S. Theol., I, q3, a4 ; Ibid., q54, a1: “Esse est actualitas substantiae vel essentiae”; De anima, a6 ad2 ; Comp. Theol., c.11; Quodl. XII, qV, a5.

[41] Ramón Lucas Lucas, Lo statuto antropologico dell’embrione umano; in AA. VV., Identità e statuto dell’embrione umano, Pontificia Academia Pro Vita, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1998, 174.

[42] Cfr. Giovanni Paolo II, …

[43] Cfr. Cornelio Fabro, Curso de Metafisica, ed. cit., 143.

[44] In Lib. De duabus naturis, c3, PL 64, 1343.

[45] La sostanza primiera ha naturalezza di sostratto, di essenza o quiditas e di sussistente, al quale tutto lo demàs logica o realmente inerisse o si soggetta. Cfr. San Tommaso, De Pot. IX 1 ad 4; “significa la natura del genero esistendo individualmente”. De Pot q. IX, 2, ad 6.

[46] S. Theol. I,29,3c.

[47] De Pot. 9,3c.

[48] De Pot. 9,2c.

[49] Nella creatura, la relazione è un accidente, e ha anche un essere reale. Nel suo aspetto formale, la relazione è intesa secondo Aristotele: tutto il suo essere è la referenza ad un altro. Cfr. Metaphisica, 15, 1020b 26ss.

[50] “La relazione della creatura a Dio è reale, perché la creatura è causata da Dio e dipende sempre da Lui nel suo essere; ma non può essere reale in Dio, che è immutabile, Esse Sussistente e semplicissimo… (invece) La relazione di Dio alle cose è puramente di ragione”. Cfr. De Pot. VII, 9; S. Theol., q. 45, ad. 1.

[51] La relazione è un ente reale, che non può essere concepita senza concepire prima il soggetto in cui sussiste. Cfr. S. Theol., q. 45, corpus; C. Gent., c. 18.

[52] Non è sostenibile l’ipotesi della completa inerzia espressiva del genoma dell’embrione precoce; cioè, un periodo di silenzio trascrizionale controllato esclusivamene da componenti di origine materna. Ad esempio, il gene SRY, localizzato nella regione telomerica del braccio corto del cromosoma umano Y –di sicura origine paterna-, è espresso e viene trascritto sin dalle primiressime fasi dello sviluppo embrionale, addiritura allo stadio pronucleare: Ao a., Erickson R. P., Winston R.M.L., Transcription of paternal Y.linked genes in the human zygote as early as the pronuclear stage, Zygote 1994, 2: 281-288; Fiddler M., Abdel Rahman B., Expression of Sry Transcripts in Preimplantation Human Embryos, American Journal of Medical Genetics, 1995, 55: 80-84.

[53] Cfr. Soren Kierkegaard, La malattia mortale, P. I, A, a; Firenze 1972, 621s. Cit. da Cornelio Fabro, La dialéctica de inteligencia y voluntad en la constitución del acto libre; in rivista Diálogo, Año 3, 14, San Rafael Mendoza 1996, 38ss.

[54] S. Theol., I, q. 45, a. 3.

[55] Cfr. Battista Mondini, op. cit., p. 469.

[56] “Alcuni propongono che l'embrione nelle fasi iniziali del suo sviluppo -sino al 7-15 giorno- sarebbe dotato di una identità e individualità genetica, ma non ancora di una determinata individualità organismica: in senso ontogenetico non si troveremmo di fronte allo stesso individuo umano che riconosciamo successivamente nell'embrione impiantato, nel feto e nel neonato. Non essendo definita l’individualità sostanziale, verrebbe così a mancare uno dei due requisiti della persona umana: si opera una disoziazione antropologica-biologica”. Roberto Colombo, Relazione..., cit. ut supra.

[57] Cfr. Battista Mondini, Dizionario Enciclopedico del pensiero di San Tommaso d’Aquino, voce “persona”, Edizioni Studio Domenicano, 1991, pag. 465-467.

[58] Cornelio Fabro, La aventura de la teologìa progresista, EUNSA, Pamplona, pag. 116.

[59] Ibidem, pag. 114.

[60] Cornelio Fabro, Introduzione all’ateismo moderno, cap. VII, Cremona, 1969, pag. 610ss.

[61] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, sul valore e l’inviolabilità della vita umana, 19.

[62] S. Theol., I, q 77, a. 2; C..G., II, 82.

[63] In I De causis, lect. II, s. 15.

[64] S. Theol.,III, q. 4, a. 1 ad 2m.

[65] S. Theol., II-II, q. 2, a. 3.

[66]Joseph de Finance, S.J.,Conoscenza dell’Essere.TrattatodiOntologia, 2°Ristampa, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma, 1998, p. 467.

[67] Joseph de Finance, ibidem, ed. cit., pag. 470.

[68] Joseph de Finance, ibidem, ed. cit., pag. 468.

[69] Ricerca nella quale la persona compie pienamente la sua libertà perché è in questa ricerca che l’uomo si libera dell’infinito succedersi delle cose ed eventi del mondo per arrivare alla Verità, al Bene e all’Essere stesso. Cfr. Cornelio Fabro, Drama del hombre y misterio de Dios, ed. cit., 599-604.

[70] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, sul valore e l’inviolabilità della vita umana, 2. 22. 61. 81.

[71] San Tommaso, De Causis, L. III, Prop. XVIII: primum ens dat esse omnibus per modum creationis, gli altri ipostasiper modum formae”.

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