I discepoli di
Emmaus, nel pomeriggio di Pasqua, si allontanano da Gerusalemme, dal luogo
della Passione. Gesù si avvicina per accompagnargli, ma non riconoscono la sua
Presenza: “…Gesù in Persona si accostò e camminava con loro, ma i loro occhi
erano incapaci di riconoscerlo”. Si allontanano dal luogo della Passione, vale
a dire, si allontanano dalla Passione, e diventano cecchi e tristi, incapaci di
riconoscere il Signore. Cecchi, tristi, senza gioia, lontani dal Signore morto
e risorto che cammina con loro. Non siamo noi, questi discepoli di Emmaus? Non
è questa la descrizione della nostra vita spirituale? Perché i discepoli,
tristi e cecchi, non riconoscono Gesù? Per il loro modo di vedere la Passione
di Gesù[1].
È un modo talmente umano, senza fede, che vede le cose, i successi della vita,
dal basso, e mai alza gli occhi per vedere dall’alto e verso l’alto. Uno
sguardo meramente umano della religione, della Chiesa, di Gesù, della Messa,
dell’Eucaristia, anche di noi stessi, ci rende incapaci di comprendere la
realtà. Guardando la nostra vita, soltanto dal punto di vista umano, lasciando
di lato il Signore Gesù che cammina con noi, come fanno i discepoli di Emmaus,
mai capiremmo nulla, nemmeno le cose che accadono tutti i giorni. Vedendo
umanamente, è impossibile capire il dolore, la sofferenza, le situazioni penose
e angoscianti. Nemmeno le gioie le possiamo capire. Soltanto sotto la luce
divina della croce di Gesù possiamo capire il senso della vita e delle sue prove:
del dolore, la sofferenza, che a volte ci sembrano insopportabili; soltanto nel
contatto con Gesù crocifisso e risorto possiamo capire che il dolore è un dono;
che la vita, qualsiasi sia la mia vita, forse anni vissuti senza nemmeno una
prova, senza dolore, forse anni vissuti nella disgrazia, è il cammino che devo
percorrere per guadagnare il cielo. Se guardo la vita con uno sguardo puramente
umano, sarò triste sempre, perché la nostra forza umana è incapace di capire il
vero senso degli successi; il nostro sguardo umano è incapace di vedere Gesù,
morto e risorto, che ci accompagna in ogni momento, nelle gioie e nei dolori.
Abbiamo bisogno perciò della luce divina che scaturisce dalla croce di Gesù,
che ci faccia capire chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Neanche
possiamo capire la religione, la Chiesa, Gesù, i sacramenti, l’Eucaristia, con
lo sguardo umano. Abbiamo bisogno della luce divina, per capire che la Chiesa
non è un’invenzione dei preti e dei fedeli; che la Messa non è qualcosa di vuoto
alla quale io ci devo essere per obbligo, o che posso lasciare di lato se c’è
qualcosa più divertente o interessante da fare; abbiamo bisogno della luce
divina per capire che la religione non è venire a Messa, per obbligo nel tempo
di Pasqua e nel tempo di Natale. Abbiamo bisogno della luce divina di Gesù per
capire che i sacramenti non sono una tappa sociale, fatta per obbligo, i quali
dopo ricevuti, non servono a niente, e perciò i giovani spariscono dalla
Chiesa: i sacramenti sono la nostra salvezza perché sono Gesù nella sua Pasqua.
Abbiamo bisogno della luce divina di Gesù per capire che la Messa è la morte e
risurrezione di Gesù, che mi dona la sua vita per salvarmi e farmi figlio di
Dio; per capire che l’altare si trasforma nel Calvario, il pane nel corpo di
Gesù e il vino nel suo sangue. Chiediamo perciò la grazia, la luce divina,
quella stessa ricevuta dai discepoli di Emmaus, di riconoscere la Presenza
Reale, viva, sostanziale, di Gesù nell’Eucaristia. Chiediamo di aprire gli
occhi dell’anima davanti a Gesù Eucaristia.
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