“Gesù
si ritirò a pregare” (Mc 1, 39-49). Come Sacerdote Sommo ed Eterno, Gesù prega al Padre per
gli uomini.
L’attività
di Gesù gira in torno al suo sacerdozio, nel quale e mediante il quale il Verbo
Incarnato trasmette agli uomini la vita divina ed offre a Dio le lodi
dell’umanità: da un lato il Verbo, mediante la sua umanità, comunica la sua
grazia, il suo potere divino –tramite il quale caccia via i demoni e guarisce
gli ammalati- e d’altro lato, ancora tramite la sua umanità santissima, unita
intimamente al Verbo, trasmette a Dio il culto supremo dovuto dalla creatura[1].
Da cattolici, abbiamo ricevuto una
partecipazione al suo sacerdozio nel battesimo, perciò dobbiamo imitare il suo
comportamento, in questo caso, pregare. Dobbiamo però essere molto attenti a
non fare solo una mera imitazione esteriore e superficiale, giacché il
fondamento della nostra imitazione di Cristo si trova nel carattere
battesimale, il sigillo spirituale mediante il quale siamo stati fatti membra
vive del suo Corpo Mistico[2].
In questa maniera, essendo incorporati al suo Corpo, riceviamo da Lui, che è il
Capo, non solo la energia e la forza divina che ci fanno agire da membra, ma il
fatto stesso di essere membra, parte reale del suo Corpo. Il fondamento della
nostra imitazione di Cristo perciò è l’unione interiore, spirituale, organica,
a Lui, ottenuta nel battesimo. Mediante il battesimo siamo stati fatti parte
sua reale, ma questa unione, per diventare viva, richiede di essere vivificata
dalla preghiera e dalla frequenza dei sacramenti, soprattutto la confessione e
l’Eucaristia.
Siamo
membra del suo Corpo, e siccome il Corpo agisce secondo il Capo, una membra del
Corpo agisce dunque secondo il suo Capo. Se il Capo prega, deve anche pregare
il Corpo, devono anche pregare le membra del Corpo, per ricevere il fiume di
vita divina che dal suo Capo scaturisce.
Per questo la preghiera del
cattolico non è un metodo psicologico mediante il quale raggiungiamo
l’astrazione interiore[3].
La preghiera da membra vive di Cristo è un dono di Dio, connesso intimamente al
dono della fede. Dio ci fa il dono della fede in Cristo e anche il dono della
preghiera che ci mette in contatto reale con Lui. La preghiera, che è ricerca
di Dio, quando raggiunge la sua cima più alta, più profonda ed elevata, si
trasforma in contemplazione, vale a
dire, celebrazione intima e gioiosa per il fatto di aver trovato Dio[4].
Come possiamo imitare il Cristo,
nostro Capo, che prega? Dove contemplare Dio?
Ci
sono tantissime forme di preghiere, tutte validissime, ma c’è una,
principalissima, ed è la liturgia della Messa, perché mai come in questo
sacrificio, Cristo Dio si fa Presente tra noi con tutta la sua maestà, il suo
potere, il suo splendore ed il suo amore divino. Perciò la Messa mai deve
essere vissuta dai membra del Corpo di Cristo come qualcosa che accade tutti i
giorni, uno uguale all’altro. C’è sta la possibilità di viverla così, per la
nostra debolezza umana, ma con l’aiuto dello Spirito Santo dobbiamo viverla
come ciò che è: la nostra possibilità per contemplare Cristo Dio che si
manifesta nell’Eucaristia.
La
Messa è per noi il seno del Padre, Betlemme, il Calvario, la Risurrezione; è il
luogo ed il momento della manifestazione, attraverso il sacramento
dell’Eucaristia, del mistero pasquale di Gesù, è il momento dell’apparizione
sua gloriosa, è il momento della nostra contemplazione ed adorazione di Lui,
nascosto sotto ciò che sembra di essere un po’ di pane.
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